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27 maggio 2020

Stanley Hotel: l'albergo maledetto che ha ispirato l'Overlook Hotel di "Shining" tra mito e realtà






Il nome Stanley Hotel sicuramente non vi dirà niente di che, ma se venisse chiamato con il nome che più lo ha reso famoso al mondo intero, Overlook Hotel, i vostri occhi si illumineranno e si sgraneranno dal terrore al pensiero del film di cui si è reso protagonista assoluto: Shining.
A dirla tutta è l'omonimo romanzo di Stephen King ad averlo reso un'icona immortale dei luoghi infestati, ma grazie al film di Kubrick (che, dal romanzo, a essere sinceri, si è discostato parecchio sia come trama che come contenuti), questo albergo del Colorado, con le sue 140 camere, è riuscito a impersonare le paure di milioni di persone, tra agorafobia (che a differenza di quello che si pensa non è esclusivamente la paura degli spazi aperti, ma di tutti quei luoghi, aperti o chiusi che siano, da cui è difficile, se non impossibile, scappare o ricevere aiuto immediato), allucinazioni, presenze sinistre, fantasmi, psicosi e quanto di più terrificante si possa materializzare in un albergo all'apparenza tranquillo e accogliente.
Ma quanto di vero c'è dietro la leggenda dello Stanley/Overlook Hotel?
Lo stesso Stephen King, che si trovò a soggiornare allo Stanley in un periodo in cui era prossimo alla chiusura invernale (e quindi quasi deserto), raccontò di aver fatto un sogno terribile, in cui una manichetta antincendio inseguiva uno dei suoi figli attraverso i corridoi dell'hotel.
Svegliatosi di soprassalto, si accese una sigaretta contemplando il panorama montuoso che si vedeva dalla finestra della sua camera, iniziando a delineare quello che sarebbe diventato un vero e proprio capolavoro della letteratura di genere e non.
King non fu l'unico ad avere avuto una "brutta esperienza" durante la sua permanenza allo Stanley Hotel e la famosissima camera "237", non solo in realtà è la "217" (rinominata "237" nell'adattamento cinematografico per paura che la gente, dopo aver visto il film, non avesse voluto più soggiornarvi; la "237" in realtà non esiste) fu oggetto di un grave incidente che interessò la capo governante dell'epoca, Elizabeth Wilson, la cui lanterna, accesa all'interno della camera, esplose causando il cedimento del pavimento e facendola precipitare al piano di sotto. La donna ne uscì con le caviglie rotte, ma per fortuna sopravvisse all'incidente.


una immagine della camera 237 tratta dal film "Shining"


La nascita dello Stanley Hotel


Come e quando nasce lo Stanley Hotel? L'idea di costruire l'hotel venne a Freelan Oscar Stanley, che in seguito alle raccomandazioni del suo medico di respirare aria sana di montagna, acquistò un appezzamento di terreno sulle montagne del Colorado dal conte di Dunraven, un nobile di origini irlandesi, e vi costruì il suo albergo: lo Stanley Hotel.
Stanley accettava solo clientela appartenente all'alta società; in seguito alla Prima Guerra Mondiale il turismo subì un duro colpo e anche con la quasi totalità delle camere vuote, Stanley in persona, seduto nella hall, selezionava quel poco di clientela che decideva di soggiornare nella sua struttura, rifiutando coloro che non riteneva adatti.
Eppure lo Stanley Hotel, anche se poco conosciuto, ebbe ospiti illustri, soprattutto agli inizi del Ventesimo secolo, quali Theodore Roosevelt e Hirohito, l'imperatore del Giappone. Inutile dire che un hotel che venne completato nel 1909, e che quindi ha sul groppone qualcosa come 111 anni, ha visto al suo interno accadere un po' di tutto, dal sopravvivere a ben due guerre mondiali a incidenti e infortuni di vario tipo. Come tutte le cose che attraversano i secoli, acquisisce una sua dimensione, potremmo definirla una sua "personalità". Se questa affermazione vi sembra eccessiva, non vi resta che leggere il paragrafo seguente.


Le apparizioni


Si possono chiamare apparizioni, presenze e anche, perché no, fantasmi o spettri: sta di fatto che non fu soltanto Stephen King ad avere avuto un certo brivido lungo la schiena nel percorrere i suoi corridoi e attraversare i suoi saloni. 
Un esempio? Quando lo Stanley fu utilizzato come location per girare il film del 1994 Scemo & più Scemo, con Jim Carrey e Jeff Daniels, lo stesso Carrey, incuriosito dal romanzo di King, volle alloggiare nella camera 217. Dopo qualche ora, senza dare alcuna spiegazione plausibile, abbastanza scosso e stranito, chiese di cambiare immediatamente camera.
In tanti hanno riferito di aver visto presenze aleggiare sopra i loro letti nel bel mezzo della notte, o di aver sentito, nella sala da ballo, il suono del pianoforte di Flora Stanley, la moglie del proprietario da tempo deceduta.
Altri ancora riportano risate di bambini lungo i corridoi, come se si rincorressero di continuo in un gioco che non avrà mai fine.


Lucy


Una ragazzina di 13 anni che scappa di casa e si rifugia negli scantinati dello Stanley Hotel. Il personale addetto la scopre e la caccia fuori senza voler sentire ragioni. L'inverno si avvicina prepotente e fuori, di notte, il freddo è micidiale. Così Lucy muore assiderata, con il suo vestitino rosa, ed è così che ancora appare ai visitatori e agli inservienti, così come è anche stata immortalata dal gruppo di ghost hunters durante una notte passata nell'hotel, in cui a sinistra, di fianco a un ignaro "passante", si può scorgere la figura quasi eterea di una ragazzina con un abito rosa.
In molti giurano di vederla passare nei corridoi o giù, tra i locali manutenzione, quasi volesse rivendicare la sua presenza lì, una presenza la cui negazione le costò la sua giovane vita.

sulla sinistra, con l'abito rosa, la piccola Lucy


Paul


Un'altra presenza segnalata da parecchi turisti (e non) è quella riconducibile a Paul, un manutentore morto di crepacuore mentre spalava la neve fuori dall'hotel. Persino gli altri manutentori e le guide turistiche asseriscono che sì, Paul è ancora lì con loro e spesso si diverte a "interagire" con gli ospiti presenti.


La camera 401


Che ci crediate o meno, la camera più infestata dello Stanley Hotel non è la 217 (o 237, che dir si voglia), ma è opinione comune di più di un gruppo di ghost hunters che a vincere il premio di "camera più infestata dell'albergo" è la 401. In essa, un ladro fantasma, ruberebbe e sposterebbe oggetti di valore, voci e risate sveglierebbero i clienti nel bel mezzo della notte e il cupo rimbombo dell'ascensore adiacente contribuirebbe a guastare l'atmosfera già di per sé snervante.
Jason Hawes, fondatore della The Atlantic Paranormal Society, pernottando nella 401, dichiarò che durante la notte il suo letto si mosse, che le ante dell'armadio si aprirono e si chiusero più volte e che un vetro andò in frantumi.
Come se non bastasse, pare che tutto il quarto piano sia soggetto ad attività paranormali molto intense.


La sala da ballo


Come già accennato in precedenza, anche la sala da ballo non è esente da presenze e avvistamenti di attività paranormali. Il pianoforte della moglie deceduta di Stanley, risate di bambini, addirittura il direttore stesso raccontò ad alcuni ghost hunters che un tavolo, una volta, volò per aria, come sospinto da una forza invisibile.
Se per molti altri fenomeni i ghost hunters diedero la "colpa" al vento e alle vecchie tubazioni che attraversano i locali, per questa e per altre testimonianze non ci sono ancora spiegazioni plausibili.


Tra mito e realtà, lo Stanley Hotel continua ad affascinare e ad attirare come una calamita migliaia di turisti ogni anno, un po' grazie a Stephen King e grazie a Stanley Kubrick, che permisero al mondo di conoscere quanto affascinanti possano essere, a volte, un albergo e le sue storie.












12 maggio 2020

Necronomicon: il libro dei morti






Il Necronomicon, o "libro dei morti", è forse una delle leggende più famose in ambito horror e, seppure abusata in decine di film e serie televisive, resta comunque un qualcosa di affascinante per ciò che rappresenta e per il potere che racchiude.
Cominciamo con il dire che il Necronomicon non esiste e non è mai esistito, ma viene continuamente citato come se fosse un libro realmente esistente e quindi fa di esso uno pseudobiblion.
Nasce infatti dalla fervida fantasia del celebre scrittore Howard Phillips Lovecraft, per dar forza alle sue storie dell'orrore e in particolare a quelle legate a Chtulhu, una misteriosa e abominevole creatura che avrebbe regnato sulla terra prima della comparsa dell'essere umano e che, a quanto pare, vorrebbe tornarvi per mezzo del summenzionato libro dei morti.
In una lettera, lo stesso Lovecraft sosteneva che il titolo gli era apparso in sogno e che le parole greche che lo componevano (nekros-cadavere, nomos-legge e eikon-descrizione) significassero "La descrizione delle leggi dei morti".
Scritto dal pazzo Abdul Alhazred (gioco di parole che sta per all has read - ha letto tutto) come testo di magia nera prima di morire fatto a pezzi per mano di una entità invisibile, nasceva per invocare i Grandi Antichi, creature mitologiche dalle quali il poeta arabo era ossessionato praticamente da sempre.
Tanto era stato efficace questo espediente narrativo che lo stesso Lovecraft, accortosi che in tanti avevano creduto all'esistenza del Necronomicon, dovette rivelare che quest'ultimo fosse solo il frutto della sua fantasia.
Al contrario di quanto chiunque si sarebbe potuto aspettare, il fascino per questo misterioso volume, rilegato in pelle umana e vergato col sangue, invece che diminuire e spegnersi nel nulla continuò a crescere, anche perchè si narra che, seppure si trattasse di una invenzione letteraria, in realtà si fosse ispirato a un celebre grimorio della fine dell'Ottocento a opera dell'esoterista statunitense Arthur Edward Waite.
Il Necronomicon, secondo Lovecraft, sarebbe un volume capace di rievocare non solo Chtulhu, ma addirittura il regno dei morti, aprendo un portale che lo metterebbe in diretta comunicazione con il nostro pianeta e i cui effetti non sarebbero esattamente positivi per la razza umana, visto che mostri, demoni ed esseri dell'oltretomba in genere non vanno poi così tanto d'accordo con i vivi.





La cultura pop ha successivamente elevato la storia e la leggenda di questo pseudo-libro proiettandola dapprima nel cinema  e come naturale conseguenza anche nei videogiochi.
Non si può non citare la trilogia de "La Casa", di Sam Raimi (La Casa, La Casa II e L'Armata delle Tenebre), in cui lo sprovveduto Ash Williams, interpretato dal fin troppo sottovalutato Bruce Campbell, cerca di rimediare all'imminente arrivo di un'orda di demoni dopo averne accidentalmente letto qualche passaggio in Sumero che, guarda caso, serviva proprio a risvegliarli dal loro sonno millenario. Lo stesso script venne utilizzato, purtroppo senza grande successo (visto che dovettero interromperla alla terza stagione per carenza di ascolti) con la serie Ash vs Evil Dead, in cui Ash, più avanti con gli anni, rievoca ancora una volta e sempre accidentalmente il mondo dei morti.
In questo caso il libro si chiama "Necronomicon Ex Mortis", giusto per dargli quel tocco di grottesco che ha sempre contraddistinto le opere di Raimi.
Anche nei videogame, come accennato prima, la leggenda del Necronomicon trova terreno fertile; citiamo uno tra tutti il godibile Alone in the Dark, in cui le vicende su cui dovrà indagare l'investigatore privato Edward Carnby ruotano, per l'appunto, attorno alle pagine maledette di questo libro.

Il Necronomicon Ex Mortis come appare nel film "La casa II", con una copertina
dalle fattezze demoniache


A oggi, nonostante sia chiaro che un volume del genere non possa esistere se non che nella fantasia del suo creatore, spuntano fuori nuovi dibattiti sulla sua reale esistenza, e perfino lo scrittore Colin Wilson dichiarò, negli anni Settanta, che Lovecraft fu costretto a dire il falso e cioè che il Necronomicon non esistesse, mentre in realtà ne era in possesso di una copia.
Che esista o meno, è innegabile che la mente di Lovecraft abbia partorito una leggenda inossidabile e ricca di macabro fascino, una leggenda che fa da cardine per quasi tutte le sue storie, racchiuse, per chi fosse interessato o anche solo curioso di leggerle, in una raccolta di racconti omonima e che ben rappresenta la grandezza di un genio che, ancora oggi, viene citato e da cui si attinge a piene mani nel mondo cinematografico e non solo.


La raccolta di racconti di Lovecraft sul Necronomicon






06 maggio 2020

Tavola Ouija: tutorial





La Tavola Ouija non ha bisogno di presentazioni: grande protagonista di storie dell'orrore praticamente da sempre, trova spesso e volentieri spazio nelle produzioni cinematografiche e nei romanzi di genere e non.
Per quei pochi che ancora non la conoscessero e non sapessero di cosa stiamo parlando, la descrizione è presto detta: si tratta di una tavola (generalmente in legno) su cui sono impresse le lettere dell'alfabeto (su due file: dalla A alla M e dalla N alla Z), i numeri dall'uno allo zero, le parole "si", "no" e "arrivederci" e una planchette (o lancetta)una sorta di puntatore a goccia che verrà "mosso" dallo spirito sulle varie lettere e numeri per comporre la risposta alle domande poste dai partecipanti alla seduta.
Come è logico intuire, tentare di contattare entità ultraterrene e spiritiche è sempre un rischio, perchè a rispondere potrebbe essere uno spirito buono, un'anima errante, ma anche una creatura con tutt'altro che buone intenzione e spesso l'entità che si manifesta, approfittando del contatto creatosi dall'evocazione, è proprio quest'ultima.
Questo tutorial non solo spiegherà cosa fare per contattare una entità soprannaturale, ma soprattutto elencherà le cose da NON fare assolutamente nel caso si manifestasse l'entità sbagliata (leggasi: maligna) o per non indispettire la presenza invocata, anche se benigna.

Tutorial



  • I luoghi migliori per l'utilizzo della tavola Ouija sono il salone o la cucina, ma anche qualsiasi altra stanza che non sia una camera da letto: l'evocazione di uno spirito che rimarrà intrappolato nella nostra dimensione, infatti, potrebbe interferire negativamente con il nostro sonno e con i nostri sogni. Assolutamente vietati anche cimiteri, abitazioni abbandonate, chiese sconsacrate e, in generale, luoghi dove sono avvenuti delitti efferati o morti violente: questi sono luoghi in cui confluisce un gran numero di anime dannate ed entità pericolose, con il rischio che una di esse risponda all'appello.
  • Una volta scelto un luogo consono, ci si deve assicurare di essere almeno in due a utilizzare la tavola, poiché da soli sarebbe più facile entrare nel panico nel caso qualcosa andasse storto, ritrovandosi deboli e in minoranza rispetto a ciò che potrebbe rispondere alla vostra chiamata. Assicuratevi anche che nulla possa turbare la seduta: rumori molesti provenienti dall'esterno, luci troppo forti, rischio di qualcuno che possa entrare nella stanza: tutto questo potrebbe interrompere involontariamente il contatto lasciando l'entità intrappolata nel nostro mondo o facendola arrabbiare per non esserci congedati come si deve (ma di questo ne parleremo successivamente).
  • I partecipanti devono disporsi fronte alla tavola, posizionare la planchette sulla lettera "G" (quindi al centro della serie di lettere) e tenere le dita su di essa senza mai staccarle: questa regola vale per tutto il periodo in cui si sta effettuando la seduta; la forza spirituale dei presenti deve sempre essere superiore a quella dell'entità, una interruzione della stessa potrebbe essere terreno fertile per l'intromissione di spiriti tutt'altro che benevoli. La tavola deve trovarsi su un piano stabile e comodamente accessibile da tutti i partecipanti, per questo motivo è consigliabile stare seduti attorno a un tavolo, ma anche sul pavimento può andare bene.
  • Una volta assicurati che l'ambiente è tranquillo e tutti i presenti sono a loro agio (nessuno deve partecipare conto la propria volontà), si può iniziare a fare qualche domanda, purché se ne faccia una per volta e parli una sola persona; evitate che le voci si sovrappongano. Si possono fare domande del tipo: "è presente qualche spirito adesso?" oppure "quanti spiriti sono presenti in questo momento?" per cercare di ottenere una risposta e dare l'avvio al contatto. In ogni caso, dato che la risposta potrebbe tardare ad arrivare (o potrebbe non arrivare affatto, ma questo è un fattore di cui si prende atto fin dal principio), i partecipanti non devono mai lasciarsi andare a battute di scherno, risatine e parodie: gli spiriti non amano che li si prenda in giro.
  • La risposta, come accennato prima, avverrà tramite la planchette: i presenti la sentiranno muovere sotto le loro dita tra le varie lettere e numeri, creando la risposta alla domanda fatta o, se la domanda lo permette, soffermandosi sul "si" o sul "no". Nel caso in cui la planchette inizi a fare dei movimenti a forma di "otto" sulla tavola o si soffermi ripetutamente sul numero 8, è bene interrompere subito il contatto congedandosi, poiché ad aver risposto all'appello è una entità maligna.
  • Si possono fare tutte le domande che si vuole, purché si rispettino le accortezze di cui sopra (non sovrapporre le voci, non prendere in giro lo spirito, effettuarle una alla volta), ma MAI fare domande sulla data o sul motivo della propria futura morte, chiedere desideri, sui propri cari defunti o sull'esistenza di Dio: che sia uno spirito buono o malvagio, queste domande non sono bene accette.
  • Una volta che tutti i partecipanti sono d'accordo sul terminare la seduta, fermo restando che in caso risponda o si entri in contatto con uno spirito o con una entità malvagia questa deve essere terminata immediatamente, si sposta la planchette su "arrivederci". Su quest'ultimo passaggio non serve attendere la risposta dello spirito.
  • Non lasciare mai la planchette sulla tavola a termine della seduta e, in generale, non conservarli una sull'altra: la planchette deve sempre essere conservata a parte.

Ci sono altri accorgimenti che posso essere presi prima di iniziare una seduta con la tavola Ouija, dal circondare la tavola con un cerchio di sale, al fare una preghiera o accendere delle candele, tuttavia crediamo che questi siano più che altro effetti scenici, che di fronte al materializzarsi o al rispondere di una determinata entità non ne influiscono il comportamento o le intenzioni.
Si raccomanda inoltre di non effettuare mai una seduta sotto effetto di droghe o alcol o comunque in evidente stato di alterazione mentale: stati di salute precari e paura sono condizioni incompatibili con l'attività che ci si appresta a fare.
Si può creare, nel caso non si avesse, una tavola Ouija "casalinga" utilizzando una base di cartone o di legno su cui scrivere lettere, numeri e parole (solo quelli previsti, mi raccomando) e una moneta, per esempio, come planchette; su Amazon a tal proposito ce ne sono in vendita diverse, anche se noi consigliamo, tra i vari modelli riprodotti, questo.
Fateci sapere se avete avuto esperienze con la tavola Ouija nei commenti qui sotto e vi raccomandiamo in ogni caso di fare molta attenzione nel caso voleste provare per la prima volta.