Post in evidenza

Voodoo

  Il termine voodoo (o vudù) significa spirito o divinità, da alcuni tradotto anche come "segno del profondo", e ad oggi il termin...

12 dicembre 2022

Giochi di società Horror

 In occasione delle festività natalizie che si fanno sempre più imminenti, oggi vogliamo consigliarvi la nostra personale Top 5 dei giochi di società rigorosamente horror che potranno rendere più divertenti (e spaventose) i pomeriggi e le serate in compagnia di amici e familiari. Abbiamo selezionato i più immersivi, i più spaventosi, i più "completi" in termini di esperienza e divertimento, cercando di accontentare anche i gusti più difficili.
I giochi di seguito proposti li trovate in vendita su Amazon e non è difficile che in questo periodo siano anche scontati, buon divertimento!





La notte dei morti viventi




Questo gioco, edito da Asmodee Zombicide, vi catapulterà direttamente tra i luoghi e le atmosfere dell'omonimo film di George A. Romero e vi costringerà a respingere orde di zombie con le armi e le risorse che troverete lungo il cammino. Il gioco è in lingua italiana, da 1 a 6 giocatori e l'età minima consigliata è 14 anni. Riuscirete a sopravvivere?
Per saperne di più cliccate pure su questo link.




The Thing


                         
                       
Sempre edito da Asmodee, vivrete l'angoscia e il terrore di non sapere chi è la "cosa" del film omonimo diretto da John Carpenter. Un alieno, risvegliatosi dall'ibernazione, è capace di assumere
le sembianze di chiunque e starà a voi cercare di sconfiggerlo e portare a casa la pelle. Da 1 a 8 giocatori, dai 13 anni in su, questo gioco vi metterà alla prova e vi farà dubitare dei vostri stessi compagni di gioco. Da non perdere. 
Cliccate qui per ulteriori dettagli.




Fuga dal Manicomio




Edito da dvGiochi, questo gioco di ruolo in pieno stile escape room è diviso in due parti, ognuna delle quali è a sua volta suddivisa in cinque storie, nelle quali i personaggi che interpreterete dovranno fuggire dal terrificante manicomio di North Oaks. Tra risoluzione di enigmi e rompicapi e indizi vari, rivivrete il passato di colui che state interpretando e scoprirete perchè si ritrova rinchiuso in manicomio.
Fuga dal manicomio lo trovate, sempre su Amazon, a questo link.




Shining



Abbiamo già proposto l'anno scorso questo gioco da tavolo basato sulla monumentale quanto controversa trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo proposta da Stanley Kubrick, può quindi mancare nella nostra personalissima Top Five dei giochi da tavolo horror? Assolutamente no, e allora entrate anche voi all'interno dell'Overlook Hotel, percorrete i suoi corridoi, visitate le sue stanze, la sala da ballo e tutti gli altri iconici ambienti che lo hanno reso così famoso e mi raccomando, state lontani dalla stanza 237! 
Ricco di vere chicche (tra le quali, la chiave della famosissima stanza 237), dovrete evitare di impazzire e al tempo stesso trovare una via di fuga prima di diventare voi stessi il male in persona.
Edito da Asmodee Italia, lo trovate a questo link su Amazon.




La Furia di Dracula




Concludiamo con La Furia di Dracula, edito da Giochi Uniti. Questo gioco da tavolo, da 2 a massimo 5  giocatori, è tratto dal romanzo di Bram Stoker e vi porterà a dare la caccia a Dracula in giro per l'Europa e fermarlo prima che lui possa scatenare la sua furia e saziarsi del sangue di povere vittime innocenti. Un gioco di investigazione avvincente che non può mancare sotto l'albero di Natale degli amanti dei giochi di ruolo investigativi e del principe delle tenebre dai denti aguzzi.
Cliccate su questo link di Amazon per acquistarlo.

26 novembre 2022

Spiriti che mangiano gli avanzi



Esistono leggende, spesso tramandate di generazione in generazione, che con il tempo acquisiscono una tale autorevolezza da divenire spesso una tradizione. Una di queste, per esempio, è la leggenda degli "spiriti affamati" o "macellai", spiriti che vagano nel nostro mondo in cerca di avanzi di cibo e che quindi, spesso e volentieri, si aggirano nelle case e nelle abitazioni in cerca di questi avanzi. E' una leggenda che affonda le sue radici nel buddismo, ma che è talmente nota in Cina da averne dedicato addirittura una festa (la festa dei fantasmi affamati), una serie di celebrazioni svolte nel settimo mese dell'anno e volte ad accogliere gli spiriti dei defunti che, tornati dall'aldilà, si aggirano tra i vivi. La leggenda vuole che, prima di andare a dormire, si debba sempre liberare la tavola su cui si ha appena cenato da eventuali resti di cibo e avanzi vari e lavare accuratamente i piatti. Disobbedire alle regole non scritte di questa leggenda, infatti, porterebbe alla visita di questi spiriti (o fantasmi) affamati, che attratti dall'odore del cibo nei piatti entrano nelle dimore durante la notte e se ne cibano, prima di riprendere la loro strada.
Questi spiriti affamati, pare si comportino senza la consapevolezza di non essere più in vita, quindi la loro ricerca di cibo e l'esigenza di nutrirsi è un modo come un altro per sentirsi ancora "vivi tra i vivi".
Questo non significa che gli spiriti possano effettivamente mangiare quel cibo, ma solo che questo potrebbe attirarli nelle abitazioni e che, affamati e in cerca di "energia", non riuscendo a saziare la loro fame perenne, possano scagliarsi su coloro che stanno dormendo in quel momento, risucchiando la loro anima e nutrendosi, così, della loro energia vitale.
Animati da intensi bisogni emotivi e facendo del desiderio il loro unico scopo sulla Terra, sono raffigurati come creature dallo stomaco grande e vuoto, la bocca piccola e il collo così sottile da non poter deglutire, motivo per il quale, sempre secondo la leggenda, rimangono perennemente affamati. 
Tali spiriti nascono a causa di avidità, invidie e gelosie che non si sono riuscite ad abbandonare in vita e delle quali sì è divenuti preda. Come una legge del contrappasso, le loro anime vagano senza meta in cerca di un sollievo che non troveranno mai.
La festa in loro onore, che consiste in una serie di festeggiamenti, offerte e cerimonie varie, ha infatti lo scopo di placare queste anime in modo da non nuocere ai vivi e ritornare da dove sono venute, fino al loro prossimo arrivo.
Oltre al divieto assoluto di lasciare avanzi di cibo e piatti sporchi dopo aver cenato, è altresì vietato uscire, fare il bagno in fiumi, laghi o in mare nelle ore notturne, così da non rimanere vittima di coloro che sono morti annegati e che, allo stesso modo delle anime che non trovando cibo si nutrono dei vivi, potrebbero "sacrificare" la vita dello sventurato natante in cambio della loro.
Uscire dopo il tramonto, invece, potrebbe renderci facili prede di spiriti vaganti che, una volta individuata la "vittima", potrebbe seguirla fino a casa, infestandola definitivamente.
E' interessante notare come queste leggende, queste tradizioni e queste cerimonie, non siano incentrate sul respingere o eliminare le anime (o spiriti), ma riguardano sempre il non disturbarle durante le loro incursioni, cercare di non infastidirle in alcun modo e, ovviamente, non attirarle in casa propria.




24 ottobre 2022

Halloween Ends: la conclusione di una saga durata 44 anni

 



 


E' uscito nelle sale cinematografiche di tutto il mondo il capitolo conclusivo (a quanto pare) della saga Halloween, nata nel 1978 e che, nel corso degli anni, si è più volte reinterpretata non senza qualche clamoroso scivolone stilistico, registico e narrativo: Halloween Ends.
Seguito di Halloween Kills, uscito nel 2021, e diretto ancora una volta da David Gordon Green (il terzo, dopo Halloween del 2018 e il già citato Halloween Kills), vede ancora una volta Michael Myers vivo e vegeto (si fa per dire) che dopo essere scampato al linciaggio nel precedente capitolo, continua la sua scia di morte.
L'unica persona che sembra potergli tenere testa è la sorella Laurie, interpretata dalla magnifica Jamie Lee Curtis, che a 63 anni sa ancora rendere più che credibile un personaggio che, anno dopo anno e sequel dopo sequel, è riuscito a convivere con l'idea di essere la preda preferita del fratello.
Cosa dire di questo capitolo conclusivo?
Senza cadere nello spoiler, possiamo intanto dire che la trama come al solito fa da sfondo a tutta una serie di eventi che vedranno l'inarrestabile Michael farsi strada tra una uccisione e l'altra, mentre Laurie dovrà, oltre a guardarsi le spalle da lui, difendersi da una comunità che la ritiene corresponsabile di tutte le vittime che suo fratello ha ucciso.
Le quasi due ore di film si sentono eccome: la narrazione è lenta, così come ci ha abituati Gordon Green, giustificata dal dover comunque portare avanti gli intrecci dei vari personaggi e delle storie che, alla fine, si riuniscono in un unico grande intreccio narrativo che vede Michael Myers come protagonista assoluto.
Jamie Lee Curtis buca ancora lo schermo, dietro l'immagine di una donna segnata dal tempo e dalle terribili vicissitudini da quarant'anni a questa parte, si nasconde una attrice che sa come dominare la scena anche quando i tempi sono talmente lenti che ci si chiede (e ce lo si chiede spesso), se non fosse stato meglio snellire un po' il tutto in favore di uno svolgimento più brillante e ritmato. 
Il finale stavolta sembra davvero segnare la parola fine alla saga; se essere bruciato vivo e subire un linciaggio non lo hanno ucciso, dubitiamo che quello che gli ha riservato il regista possa salvarlo e regalargli una "ulteriore rinascita", ma attenzione: perchè laddove la narrazione svoltasi fino a quel momento sembrava un mero riempitivo, giusto per dare un contesto a tutto (e sotto sotto è davvero così), la parola fine può essere soltanto considerata parzialmente, e chi vedrà il film o lo ha già visto saprà bene di cosa si sta parlando.
Il film vale il biglietto, quindi? La risposta è assolutamente si, anche solo per godere di un ulteriore e forse ultimo capitolo di una saga storica dell'horror nella cornice dell'atmosfera, dei festeggiamenti e degli addobbi di Halloween, insomma, un po' come vedere Lo Squalo in piena estate.
Se il resto degli attori, quasi del tutto nuovi alla saga, risulta anonimo e dotato di poco mordente interpretativo, quelli storici invece faranno sentire lo spettatore come a casa. Non potrete, ad esempio, guardare Hawkins parlare con Laurie e non provare empatia nei confronti di un uomo che avrebbe forse voluto qualcosa in più di una semplice amicizia.
Halloween Ends è la perfetta conclusione di una storia lunga due generazioni, nel bene o nel male, non è esente da difetti, ma a noi piace così com'è, perchè a Michael gli si perdona tutto, del resto, come si può non volergli bene?


03 ottobre 2022

Jeffrey Dahmer - Il Cannibale di Milwaukee

 



In occasione della serie tv che sta spopolando su Netflix, complice l'interpretazione del grandissimo Evan Peters, vogliamo parlare del serial killer al quale si è ispirata (in maniera, c'è da dirlo, molto aderente alla realtà dei fatti) e cioè di Jeffrey Dahmer, noto per le sue gesta come Il Cannibale di Milwaukee. Con 17 omicidi cruenti, tutti compiuti tra il 1978 e il 1991, Dahmer sarà per sempre ricordato come uno dei serial killer più pericolosi e violenti della storia.

Jeffrey Dahmer nacque il 21 maggio del 1960 a Milwaukee, nel Wisconsin. La sua infanzia non fu particolarmente difficile o costellata di abusi e violenze, ma la madre soffriva di depressione e il padre non gli dedicava molto tempo, lasciandolo costantemente solo e contribuendo alla formazione di un carattere chiuso, introverso e piuttosto insicuro.
Con la nascita del fratellino, del quale scelse il nome, David, il suo carattere sembrò aprirsi, ma la curiosità di quello che era allora un ragazzino di appena 8 anni si diresse verso qualcosa di macabro e decisamente poco adatto a un bambino e cioè la tumulazione di cadaveri di animali e il trattamento di ossa e pelle degli stessi per la loro conservazione.
Il padre, vedendo in lui un interesse per un qualcosa che riteneva avere fondamenti scientifici, spiegò addirittura quali fossero i metodi migliori per sbiancare le ossa, come l'utilizzo della candeggina, e gli insegnò i rudimenti sul corretto sezionamento delle carcasse.
L'interesse di Jeffrey, però, non era affatto scientifico: per lui sezionare, scuoiare e più in generale "maneggiare" animali morti era qualcosa che gli provocava un piacere fisico, sessuale, e già dai tredici anni tali fantasie si spostarono dall'eccitarsi con i cadaveri degli animali all'eccitarsi immaginando la morte dei suoi compagni di scuola. Masturbarsi, pensando a scene di violenza che culminavano, appunto, con il decesso dei suoi compagni, era diventata la normalità e sembrava essere l'unico modo con cui poter raggiungere un orgasmo, in un periodo in cui la conoscenza e l'esplorazione sessuale del proprio corpo dovrebbe invece avere una valenza diametralmente opposta.

Dai sedici anni in poi, Jeffrey Dahmer comprese di essere gay e allo stesso tempo cominciò a fare regolarmente abuso di alcool. L'anno successivo, nel 1977, i suoi genitori divorziarono quando suo padre scoprì che la moglie lo tradiva e questo non contribuì affatto positivamente all'alcolismo di cui era preda il ragazzo, che raggiunti i 18 anni di età decise di trasferirsi in Ohio, nella vecchia casa di famiglia. Il 18 giugno del 1978 diede un passaggio a Steve Hicks, uno autostoppista di 19 anni, e con una scusa lo portò a casa. Cercò di temporeggiare offrendogli da bere e mettendo un po' di musica, fino a quando l'autostoppista, visivamente a disagio, pretese di essere accompagnato al concerto per il quale aveva richiesto un passaggio in auto. Dahmer lo colpì con un manubrio da allenamento, lo soffocò, gli tolse i vestiti e si masturbò su di esso. Subito dopo smembrò il cadavere e, come aveva fatto decine di volte con gli animali morti, sciolse alcuni pezzi del corpo nell'acido e sistemò quelli più voluminosi in sacchi della spazzatura che seppellì nel bosco. 

Jeffrey parse voler accantonare l'episodio dell'omicidio e tornare a una parvenza di vita normale, iscrivendosi all'università statale dell'Ohio, abbandonata dopo soli tre mesi a causa dei suoi problemi con l'alcolismo e arruolandosi nel 1979, sotto la pressione del padre, nell'esercito degli Stati Uniti in qualità di soccorritore militare. Nei due anni in cui fu arruolato scomparvero due persone (nessuna delle due riconducibile o attribuibile a Dahmer) e nel marzo del 1981 fu congedato sempre per colpa del suo grave problema di alcolismo. Jeffrey andò a vivere con la nonna e trovò lavoro in una banca del sangue, rivelandosi un discreto lavoratore e un nipote affettuoso e servizievole. Dopo meno di un anno, però, fu licenziato dal lavoro e visse per circa due anni con il denaro che gli dava sua nonna, che spendeva regolarmente in sigarette e superalcolici. Dal licenziamento riprese a smembrare e sciogliere nell'acido animali morti in cantina, con sua nonna che si lamentava del tanfo e del fetore che salivano fin dentro l'appartamento.

Jeffrey iniziò a frequentare con una certa frequenza i bar gay della città e il 20 settembre del 1987 uccise la sua seconda vittima, Steven Tuomi, un ragazzo 25enne che rimorchiò proprio in un bar gay (luogo che da quel momento in poi avrebbe preferito quale terreno di caccia per le sue vittime) e con il quale prese una camera all'Ambassador Hotel di Milwaukee. Dopo averlo ucciso lo chiuse in una valigia abbastanza capiente acquistata per lo scopo, lo portò nella cantina di casa, ebbe un rapporto sessuale con il suo cadavere e come la volta precedente lo smembrò in vari pezzi che in parte sciolse nell'acido e in parte gettò nella spazzatura. Sette mesi dopo fu la volta di Jamie Doxtator, un giovane quattordicenne di origini nativo-americane che, con la scusa di un servizio fotografico di nudo previo pagamento di 50 dollari, attirò in cantina, strangolò e ne trattò il cadavere come le volte precedenti.

La nonna continuava a lamentarsi della puzza che emanava la cantina, un misto di acido e carne in putrefazione, Jeffrey si giustificava dicendo che era una conseguenza della sua unica passione, la tassidermia, e che avrebbe risolto il problema. Diversi mesi dopo, il 24 marzo del 1988, uccise un 22enne bisessuale di origini messicane, Richard Guerrero, anch'egli conosciuto in un bar gay. Affinando la sua tecnica, prima lo drogò sciogliendo un potente sonnifero nel suo cocktail e successivamente, quando il sonnifero ebbe effetto, lo strangolò con una cinta di cuoio. Nel mese di settembre dello stesso anno la nonna decise a malincuore di cacciarlo di casa, dato che era perennemente sbronzo, non aveva alcuna voglia di trovarsi un lavoro e la casa per colpa sua puzzava perennemente di cadavere.

Jeffrey Dahmer, ritrovatosi solo, affittò un appartamento a Milwaukee e trovò lavoro presso una fabbrica di cioccolato. Con la scusa di un servizio fotografico, adescò un tredicenne originario del Laos, Somsak Sinthasomphone, ma qualcosa andò storto: dopo averlo stordito, il ragazzino riuscì comunque a fuggire e denunciarlo, denuncia che comportò l'arresto di Dahmer per violenza sessuale e la successiva condanna a dieci mesi di ospedale psichiatrico. Scontata la pena, tornò a vivere con la nonna, ma non vi restò a lungo: dopo aver ucciso Antony Sears, conosciuto in un circolo gay, tornò a vivere da solo portandosi un inquietante souvenir: la testa e i genitali mummificati di Sears, con cui era solito masturbarsi. Da quel momento, in poco più di un anno, dal giugno del 1990 al luglio del 1991, uccise ben dodici persone, utilizzando e perfezionando la tecnica del sonnifero nei cocktail e sperimentando tecniche macabre e perverse, quali la perforazione del cranio e l'immissione al suo interno di acqua bollente e acido diluito. Il suo scopo era quello di ridurre le sue vittime in uno stato di "zombie" come lui stesso successivamente ammise in fase processuale, inducendoli a fare tutto ciò che gli avrebbe chiesto. I vicini avevano più volte lamentato odori nauseabondi e rumori molesti provenire dall'appartamento di Dahmer, denunciandolo alla polizia, che riuscì a entrare nel suo appartamento soltanto quando anche un secondo ragazzo, Konerak Sinthasomphone (fratello di Somsak), adescato secondo le stesse modalità, fuggì e denunciò l'accaduto. Jeffrey raccontò di essere il fidanzato del ragazzo e di avere semplicemente litigato dopo aver alzato un po' troppo il gomito, storia che convinse, assurdamente, la polizia a lasciare nuovamente Konerak nelle sue mani. Quando la polizia andò via, Jeffrey terminò l'opera uccidendo, smembrando e stavolta mangiando parte del ragazzo. In seguito gli agenti accorsi sul posto ebbero un vero e proprio attacco mediatico, ritenuti responsabili non solo di essere stati superficiali, ma addirittura di aver contribuito con il loro operato alla morte stessa del giovane. Tale attacco ebbe la conseguenza di farli rimuovere dall'incarico, salvo essere nuovamente riammessi e addirittura promossi a mansioni superiori qualche anno dopo.

Il fatto che Jeffrey Dahmer fosse sempre più vittima dell'alcool contribuì, probabilmente, alla sua cattura. Agiva, infatti, quasi sempre in stato di ubriachezza, noncurante dei rischi che comportava, ad esempio, lasciare resti di cadavere in bella vista nell'appartamento, chiazze di sangue e cattivi odori vari. Quando il 22 luglio del 1991 invitò Tracy Edwards nel suo appartamento, quest'ultimo non poté non notare, ad esempio, le foto dei cadaveri mutilati sulle pareti. Seppure gli fosse stato somministrato del sonnifero come tutte le altre vittime, comprendendo di essere in pericolo riuscì a fuggire dopo una breve colluttazione, trovare una pattuglia della polizia e raccontargli l'accaduto. Gli agenti, trovatisi nell'appartamento di Dahmer per verificare il racconto del giovane, dopo una breve ispezione trovarono una scena raccapricciante degna di un film dell'orrore: genitali nella formaldeide, parti del corpo in pentole e nel frigorifero pronte per essere consumati come pasto, foto di smembramenti e teschi umani. Dahmer cercò di fuggire, ma era ubriaco e gli agenti non ebbero problemi a immobilizzarlo e ad arrestarlo, ponendo finalmente fine alla scia di omicidi.

Il processo di Jeffrey Dahmer iniziò il 30 gennaio del 1992, a Milwaukee, accusato per ben 15 capi di imputazione, per ognuno dei quali lo stesso Dahmer si dichiarò colpevole. Il 13 luglio del 1992 la sentenza lo condannò all'ergastolo per ogni omicidio da lui commesso, per un totale di 957 anni di prigione. Sebbene in prigione cercò di avvicinarsi alla religione, convertendosi al cristianesimo, gli altri detenuti sapevano cosa aveva fatto e soprattutto i detenuti appartenenti a una minoranza etnica (la quasi totalità delle vittime di Dahmer, infatti, apparteneva a una minoranza etnica) volevano ucciderlo. Il primo tentativo fu a opera di un detenuto che provò ad accoltellarlo alla gola durante una funzione religiosa nella chiesa del penitenziario, tentativo che non andò a buon fine. L'odio degli altri detenuti convinse il direttore a proporre a Dahmer di trasferirlo in isolamento, ma quest'ultimo rifiutò e il 28 novembre dello stesso anno, a distanza di pochi mesi, un altro detenuto, Christopher Scarver, lo aggredì con un manubrio da palestra colpendolo ripetutamente alla testa e fracassandogli il cranio. 

Jeffrey Dahmer morì nel tragitto dal penitenziario all'ospedale e il suo cervello conservato per studi scientifici. Successivamente alla sua morte i familiari delle vittime intentarono una causa contro la famiglia di Jeffrey, richiedendo che ogni ricavato proveniente da una vendita o da un guadagno riconducibile ai Dahmer fosse devoluto alle famiglie in questione. Lionel Dahmer, il padre, aveva scritto un libro di matrice saggistica sull'influenza dei genitori nella crescita dei figli e di quanto importante fosse la loro guida, spinto dalla voglia di trasmettere quanto purtroppo era capitato a lui con suo figlio e dal senso di colpa che lo attanagliava, ma quel libro fu ostacolato in tutti i modi e sebbene venne pubblicato, la ferita nella città di Milwaukee era ancora troppo fresca e finì presto nel dimenticatoio.

Le vittime di Jeffrey Dahmer


Da questa storia fu tratto un film, nel 2002, intitolato: Dahmer - Il Cannibale di Milwaukee, con Jeremy Renner nei panni di Jeffrey Dahmer e la già citata serie su Netflix con Evan Peters.


 



13 giugno 2022

Voodoo

 






Il termine voodoo (o vudù) significa spirito o divinità, da alcuni tradotto anche come "segno del profondo", e ad oggi il termine si riferisce alla religione che ne prende il nome, una delle più antiche e controverse al mondo. Nacque in Africa occidentale ben prima del colonialismo ed è una religione che, miscelata ad elementi cattolici e ad altre forme spirituali africane, diede origine appunto al Voodoo. A dispetto di quanto si creda, magari perchè condizionati dall'immaginario collettivo dei rituali di magia nera che l'hanno reso popolare in tutto il mondo, si tratta di una religione vera e propria, con tanto di regole sia morali che sociali, cerimonie, seminari per la formazione del loro clero, sacerdoti e congregazioni. Questa religione venne resa ufficiale nello stato del Benin nel 1996 e ad Haiti nel 2003, diffusa anche in Togo, Nigeria, Ghana e Costa D'Avorio. Il Voodoo per un lungo periodo fu perseguitato dalla Chiesa cattolica, ma per gli schiavi  africani esportati in America dai colonialisti era una fede comune che li faceva sentire uniti. Il Voodoo si diffuse velocemente in tutta l'America Centrale incrociandosi con la religione cattolica, come già accennato, da cui trasse l'idea di Dio supremo dotato di numerosi intermediari. Il Voodoo riconosce un Dio chiamato Mawu, Olorum o Gran Met, a seconda della tradizione a cui si fa riferimento. I fedeli non possono interagire direttamente con la loro divinità, ma solo con i Loa, spiriti collettivi con particolari caratteristiche, simili per certi versi ai nostri santi cristiani. I Loa vengono invocati durante i rituali nei loro templi sacri e possono possedere alcuni dei loro fedeli a tal punto da condizionarne i movimenti e comunicare attraverso di essi. Ne sono l'esempio il famoso e molto conosciuto Papa Ghede, che presiede dall'oltretomba gli spiriti dei morti, Erzulie, lo spirito della fertilità per certi versi riconducibile alla nostra Madonna cristiana e Ogoun spirito del denaro e del potere terreno. La base del Voodoo è il rispetto per la natura, per gli antenati e per la vita umana, ritenuta sacra e impregnata di potere divino. Nella religione del Voodoo si crede che il mondo dei vivi e quello dei morti coesistano, come se fossero sovrapposti. Oltre ai Loa e ai Mawu esiste un "maestro della testa", un'entità molto simile al nostro angelo custode, il cui scopo è quello di consigliarci e proteggerci. Durante i rituali, spesso si eseguono sacrifici di animali, si utilizzano delle bambole e geometrie sacre, dette Veve, attraverso le quali vengono evocati i Loa. Il sacrificio animale è uni dei rituali che ha fatto considerare in maniera negativa il Voodoo, anche se alcuni ricercatori sostengono che sia un'usanza usata in molte religioni, anche in quella cristiana, come l'Agnello pasquale dell'Antico Testamento. Anche lo stesso utilizzo delle bambole è un rituale ricorrente e noto già in Europa molto prima della comparsa del Voodoo.




Durante i rituali, alcuni fedeli si lasciano possedere consapevolmente dai Loa, mentre in altri casi sono gli spiriti dei morti a volersi impossessare dei celebranti. Il posseduto viene definito "zombi", perchè durante il rituale non è padrone delle proprie facoltà ma è totalmente dominato dallo spirito. Secondo la religione Voodoo, nel corpo coesistono due anime. Una è quella denominata "piccolo angelo guardiano", fragile, abbandona il corpo momentaneamente durante le possessioni e anche durante il sonno, dato che è molto "sensibile" e predisposta a lasciarsi influenzare da ciò che succede all'esterno. Su di essa viene praticata la magia nera, con lo scopo di imprigionarla o influenzarla in modo da poterla comandare a proprio piacimento. L'altra anima, quella più materiale e legata al corpo, viene definita "grande angelo guardiano". Questa, rispetto all'altra, non è vulnerabile e lascia il corpo umano solo dopo la morte. Molti fedeli utilizzano diversi amuleti protettivi proprio allo scopo di proteggere l'anima del piccolo angelo guardiano e preservarla da eventuali malefici.


Questi amuleti (o talismani) sono chiamati "Gri-Gri" e si posso acquistare in diversi mercati; il più famoso è quello di Lomè ad Akodessewa. La religione Voodoo come abbiamo visto è un culto complesso, che mescola elementi animisti alle credenze cattoliche e ad altre pratiche tradizionali africane, compreso il feticismo, la venerazione di manufatti e oggetti realizzati soprattutto con materiali naturali investiti di sacralità, i cosiddetti feticci. Attraverso questi feticci, il credente cerca di assicurarsi la protezione dello spirito che vi risiede per indurlo a eseguire determinati compiti. Per far funzionare un feticcio è necessario donargli il soffio vitale tramite un rito molto importante chiamato Rito Di Consacrazione, che deve essere svolto cospargendo l'oggetto di sostanze apposite, recitando preghiere e offrendo sacrifici. I feticci vengono poi impreziositi da conchiglie, unghie, vernice, stoffa, piume. pellicce e varie erbe.




Gli spiriti che animano i feticci sono i Geni, anime sottoposte a Dio ma che vivono tra gli uomini. Attraverso il feticcio, infatti, è possibile soddisfare tutta una serie di richieste, come assicurarsi protezione, esaudire desideri o danneggiare qualcuno qualora sia coinvolta la magia nera. Se i problemi da risolvere risultano molto difficili e complicati, potrebbe essere necessario sacrificare un bue, una pecora, una capra o un pollo,  versandone il sangue sull'oggetto e fargli acquisire, così, più potere. Il Benin è il solo stato africano con la percentuale maggiore di seguaci del Voodoo e in cui si possono trovare anche mercanti di feticci, cadaveri essiccati di topi, pipistrelli, uccelli, serpenti e leopardi, teschi, singole ossa, bambole di legno e cosi via. 
Ogni anno, il 10 Gennaio, nella città di Ouidah, nel Benin c'è un evento molto interessante e famosissimo, il Voodoo Festival. Durante questo festival, che attira fedeli da diversi paesi dell'Africa, c'è una lunga processione che va dal Tempio dei pitoni lungo la via degli schiavi fino alla spiaggia, dove si alternano balli, sfilate in maschera, musiche incessanti e trance ipnotiche. 
I feticci in Benin fanno parte della quotidianità e vengono spesso custoditi in casa o appesi in punti strategici dei villaggi, come gli ingressi e le uscite. Il feticcio più famoso è quello della città di Dankoli, un luogo di culto conosciuto da molti africani e che ha addirittura la fama di essere talmente potente da non richiedere l'intermediazione degli iniziati voodoo. 
A Dankoli i fedeli possono eseguire infatti dei rituali da soli, facendo le dovute richieste direttamente al loro Dio con delle preghiere.


                                                                  


Se in seguito alla preghiera il desiderio viene esaudito, il fedele torna per sacrificare un animale e versare il suo sangue sul simulacro. Maggiore è la portata del desiderio richiesto, più grande sarà l'animale da sacrificare. Lungo le strade del Benin sono frequenti, oltre ai mercati tematici, i santuari voodoo, posizionati nella maggioranza dei casi vicino agli alberi Roko. Questi alberi possono arrivare fino a 500 anni di età e, a detta di parecchi testimoni del luogo, sono dotati di poteri soprannaturali. Per gli appassionati del genere e per i fedeli il Benin è una terra tutta da scoprire.

05 novembre 2021

Richard Ramirez - The Night Stalker

 






Richard Ramirez nacque il 29 febbraio 1960 a El Paso, in Texas, da Julian Mercedes Ramirez. Era l'ultimo di cinque figli e i genitori, immigrati messicani, erano dei gran lavoratori: il padre lavorava alla posta delle rotaie della ferrovia di Santa Fe, mentre la madre era operaia nella fabbrica di calzature Tony Lama, dove era a contatto con sostanze chimiche e coloranti per il trattamento del cuoio. Richard aveva un temperamento calmo e la sorella Ruth gli era molto affezionata; quando era piccolo passava molto tempo con lui e se ne occupava quando la madre non poteva farlo. Con il passare degli anni i genitori scoprirono che Richard soffriva di epilessia. Come se non bastasse, era di costituzione esile e i suoi lineamenti assomigliavano più a quelli di una ragazzina. Per questi motivi era spesso oggetto di derisione da parte dei suoi coetanei. Pare anche che a scuola subisse abusi da parte di un insegnante. Ramirez potrebbe essere stato influenzato verso l'omicidio da suo cugino, Mike, un veterano della Guerra del Vietnam che spesso si vantava con lui di aver ucciso e torturato decine di nemici, mostrandogli anche delle foto Polaroid delle sue vittime.
Queste foto includevano svariate immagini di teste decapitate di donne vietnamite, uccise subito dopo aver abusato di loro. Ramirez era anche presente quando, a soli quindici anni, vide suo cugino Mike sparare alla moglie, uccidendola. 
Il suo primo omicidio avvenne a Los Angeles, il 28 giugno del 1984. La vittima si chiamava Jennie Wincow e aveva 79 anni. La donna venne aggredita mentre dormiva, prima accoltellandola al petto, poi tagliandole la gola da orecchio a orecchio, per poi accanirsi di nuovo sul suo petto. Dopo averla uccisa si dileguò portando con sé degli oggetti di valore. Il corpo della donna fu scoperto dal figlio, che viveva al piano di sopra, la mattina seguente. Dai rilievi della polizia emersero segni di violenza sessuale sul cadavere. Passarono diversi mesi prima che Ramirez tornasse a mietere nuove vittime. Il 1985 fu l'anno della sua furia omicida, seminando il panico in tutta Los Angeles. A febbraio molestò una bambina di 6 anni e ne stuprò una di 9. Il 17 marzo, verso le 23:30, penetrò in un condominio, nascondendosi all'interno di un garage dove Maria Hernandez aveva parcheggiato la sua auto; lui le sparò, credendola morta, poi entrò all'interno del condominio. La donna si era salvata grazie al suo mazzo di chiavi che aveva deviato il proiettile, anche se ferita era riuscita ad alzarsi e a chiedere aiuto mentre Ramirez era dentro il suo appartamento e stava uccidendo la sua coinquilina, Dayle Okazaki, di 34 anni, sparandole e svaligiando l'abitazione subito dopo.
Nella stessa notte, Ramirez assalì Tsai-Lian Yu una donna di 30 anni originaria di Taiwan. Le sparò diversi colpi lasciandola morente in auto. Il 27 marzo l'uomo si introdusse nell'appartamento di Vincent Zazzara, un uomo di 64 anni. Con lui c'era sua moglie, Maxine Zazzara, di 44 anni; lui era il gestore di una pizzeria, mentre lei era un procuratore. L'uomo fu subito ucciso con un colpo di pistola alla tempia, lei venne picchiata e uccisa a coltellate. Ramirez sul cadavere della donna praticò diverse mutilazioni, fra le quali una ferita a "T" sul seno sinistro, infine le cavò gli occhi e li portò con sé insieme a svariati oggetti di valore e non. Il 14 maggio, a Monterey Park, entrò nella casa di una coppia, sparò un colpo alla tempia del marito, il 66enne Bill Doi, costrinse la moglie di 63 anni a farsi consegnare tutti gli oggetti di valore e poi la stuprò. Non riuscì a ucciderla come preventivato perché il marito, agonizzante, stava cercando di chiamare la polizia e tanto bastò a metterlo in fuga. La donna, invece, riuscì a chiamare i soccorsi, ma se lei riuscì a salvarsi, il suo consorte non ebbe la stessa fortuna e morì il giorno dopo. Ad ogni modo, lei riuscì a fornire una lieve descrizione dell'assalitore, dando alle forze dell'ordine una traccia su cui lavorare. La stampa, intanto, aveva già trovato un soprannome per il killer che stava terrorizzando Los Angeles, soprannominandolo  The Valley Intruder.



Il 29 maggio del 1985 Ramirez entrò nella casa di due signore anziane, una di 83 anni e l'altra, di 80 anni, invalida. Le due donne furono picchiate selvaggiamente, talmente forte che il manico del martello utilizzato si spezzò e venne rinvenuto sul luogo del delitto. La donna più anziana aveva subito un tentativo di stupro. Sul petto di essa l'assassino aveva disegnato con un rossetto un simbolo esoterico,  un pentagramma, mentre un secondo pentagramma fu ritrovato sulla porta. Purtroppo la donna di 83 anni fu rinvenuta morta, mentre l'altra di 80 riuscì a salvarsi. Il 30 maggio del 1985 la quarantenne Ruth Wilson si svegliò con una luce puntata sul volto. Ramirez era penetrato dentro la sua abitazione e le stava puntando addosso una pistola e una torcia. Le ordinò di scendere dal letto e di andare nella camera del figlio dodicenne. Legò le mani del ragazzino e lo chiuse nel ripostiglio. Poi ordinò alla donna di non guardarlo in faccia ("Non guardarmi, se mi guardi un'altra volta ti sparo"). Ruth, pur di farlo andar via, gli offri un girocollo d'oro e diamanti, ma a Ramirez non bastò. Le strappò la camicia da notte e la violentò, sodomizzandola. Prima di scappare le disse: "Non so perché ti lascio in vita. Io ho già ucciso della gente. Tu forse non mi crederai, ma l'ho fatto". Ruth, sconvolta dalle sue parole, subito dopo andò a liberare il figlio e chiamò la polizia. Riuscì a dare una descrizione dell'assalitore dicendo che era ispanico, alto e con i capelli scuri lunghi. Sebbene ci si riferisse a Ramirez con il soprannome di The Valley Intruder, alcuni giornali cambiarono l'appellativo in The Midnight Stalker, che alla fine divenne The Night Stalker. Il 27 giugno del 1985 ad Arcadia, una contea della città di Los Angeles,  Ramirez stuprò una bambina di 6 anni.




Il 28 maggio 1985, sempre ad Arcadia, fu rinvenuto nel suo appartamento il corpo privo di vita di Patty Higgins di 32 anni. Questo omicidio, però, non fu mai ufficialmente attribuito a Night Stalker, anche se i sospetti erano fortissimi. Il 2 luglio 1985, a meno di due miglia dalla scena dell’ultimo probabile delitto, venne rinvenuto il corpo senza vita di Mary Louise Cannon, 75 anni. Anche lei, come la vittima precedente, era stata uccisa in casa, prima picchiata e poi sgozzata. L’abitazione era stata svaligiata. Il 5 luglio Ramirez picchiò selvaggiamente una sedicenne con una sbarra di metallo, ma la ragazza riuscì a salvarsi. La furia di Nighth Stalker era ormai violenta e inarrestabile. La notte del 7 luglio 1985 penetrò nella casa della sessantunenne Joyce Lucille Nelson e la uccise con un oggetto contundente, ma l’assalto non lo soddisfò: nella stessa notte riuscì a intrufolarsi nell'appartamento di un’infermiera di 63 anni. Sorprese la donna a letto e con la pistola le ordinò di chiudersi in bagno. Dopo aver frugato in casa, cercò di violentare e sodomizzare la donna, ma non riuscì a mantenere un’erezione. La sorte dell’infermiera sembrava segnata, ma invece di ucciderla, Ramirez si limitò ad arraffare gli oggetti di valore e a fuggire. Il 20 luglio 1985 colpì in una nuova area di Los Angeles, Glendale. Si intrufolò nell’appartamento di Maxson e Lela Kneiling e li uccise brutalmente, aiutandosi anche con un machete comperato qualche giorno prima. Il corpo di Maxson fu massacrato, la testa era quasi staccata dal corpo. È probabile che Ramirez avesse usato la donna per le sue perverse fantasie sessuali prima di ucciderla e mutilarla. Lo stesso giorno assalì un’altra coppia, Chainarong e Somkid Khovananth, lui di 32 anni, lei di 29. Ammazzò l’uomo con un colpo alla testa, poi stuprò la donna e la costrinse a un rapporto orale. La picchiò furiosamente e, non contento, sodomizzò il loro bambino di 8 anni. Concluse la nottata portandosi dietro un bottino di trentamila dollari, tra contanti e gioielli. Il 6 agosto 1985 Richard Ramirez assalì l'ennesima coppia, Christopher Petersen, di 38 anni, e sua moglie Virginia Petersen, 27. Entrò come al solito dalla finestra della camera da letto e sparò contro di loro. Miracolosamente, l’uomo e la donna si salvarono. Christopher, che era un robusto camionista, venne colpito alla testa dalla pallottola, ma non morì. Per uno di quei casi che capita una volta nella vita, il proiettile non aveva danneggiato alcuna struttura vitale e addirittura l’uomo fu in grado di alzarsi dal letto e di mettere in fuga l’assalitore.




L’8 agosto 1985 Ramirez colpì ancora. Avendo puntato un’altra coppia, di notte entrò in casa loro, in una nuova zona di Los Angeles, Diamond Bar. Uccise nel sonno l’uomo di 35 anni, Elyas Abowath, e aggredì la moglie ventottenne, stuprandola e sodomizzandola. Los Angeles viveva nel terrore puro, le forze di polizia pattugliavano costantemente notte e giorno ed erano anche aumentati i numeri di vigilanti, così Ramirez decise di cambiare il suo territorio di caccia, spostandosi al nord della città. Nella notte del 18 agosto 1985 colpì a Lake Merced, una zona periferica di San Francisco. Le vittime erano una coppia di origine cinese, Peter Pan, 66 anni, e Barbara Pan, 64 anni. Furono ritrovati in camera, nel letto intriso del loro sangue. L’uomo era stato ucciso immediatamente. La donna, seppur picchiata e ferita dal colpo di pistola, riuscì a sopravvivere. Rimase però invalida per tutta la vita. Nell'appartamento fu ritrovato il disegno di un pentagramma fatto con il rossetto, accompagnato dalle parole "Jack The Knife", tratte dalla canzone The Ripper del gruppo Heavy-Metal Judas Priest. La stampa diffuse la notizia e fu il panico. Tra l’altro le indagini si erano fatte più complesse, perché il calibro e il tipo di proiettile rimosso dal corpo del signor Pan ricollegavano il tipo di aggressione ad altri due delitti, uno avvenuto a Los Angeles e l’altro a San Francisco diversi mesi prima. Il proprietario di una piccola pensione a San Francisco riconobbe Ramirez dalla descrizione della polizia e, quando gli agenti perquisirono la camera dove il serial killer aveva alloggiato, trovarono un pentagramma disegnato sulla porta del bagno. A questo si aggiunse il fatto che gli investigatori riuscirono a rintracciare nel distretto di El Sobrate un uomo che aveva comprato dei gioielli. I preziosi si rivelarono rubati e appartenenti alla signora Pan. La descrizione fornita dall'uomo corrispondeva a quella del killer. Il 24 agosto 1985 Ramirez colpì ancora, ma lontano da San Francisco, a Mission Vejo, a 50 chilometri a sud di Los Angeles. Entrò di notte nella camera di William Carns, un ingegnere informatico di 29 anni, e dalla sua ragazzi di 27, sparandogli contro ripetutamente, ma senza ucciderli. Afferrò per i capelli la donna e la trascinò in un’altra camera, poi le legò i polsi e le caviglie con alcune cravatte e le chiese se sapeva chi fosse. La donna, terrorizzata, ammise che pensava lui fosse il killer del quale tutti i giornali e le televisioni parlavano. Ramirez girò per la casa in cerca di soldi e gioielli, ma non trovò molto. Tornò arrabbiato dalla donna e la violentò per due volte. Alla polizia, successivamente, lei aveva riferito che l’alito di Ramirez era pestilenziale, quasi da stordirla. La donna, impaurita per la sua vita, indicò a Ramirez un cassetto con dentro dei soldi. Ramirez le intimò di dimostrare la sua fedeltà a Satana costringendola a ripetere varie frasi che osannavano il Maligno. "Io amo Satana", dovette ripetere la donna, fino a quando Ramirez non fu soddisfatto e la costrinse a un rapporto orale.



 
Alla fine, il predatore della notte la fissò. Lei pensò che fosse arrivato il suo momento, che Ramirez l’avrebbe uccisa. Invece lui esplose in una fragorosa risata e fuggì. La donna riuscì a liberarsi da sola e chiamò il 911. Affacciandosi alla finestra vide l’aggressore salire su una vecchia Toyota Station Wagon arancione. Quella stessa sera, un ragazzo che lavorava come guardiano in un garage vide l'automobile girare per il suo quartiere e insospettito chiamò la polizia. Il 30 agosto le autorità trovarono la macchina e la misero sotto sorveglianza, attendendo il ritorno di Ramirez, ma lui non si fece più vivo. Sull'auto trovarono alcune impronte digitali che lo identificarono. 
Ormai la fine dell’incubo era vicina.
Ramirez vedendo tutte le notizie di lui, dai telegiornali, decise di ritornare a Los Angeles. Ora il predatore della notte aveva bisogno di una nuova vettura per gli spostamenti. Il 31 agosto entrò in un negozio di liquori, ma si arrestò subito quando vide la sua immagine trasmessa nei telegiornali e stampata su tutte le prime pagine dei quotidiani. Le persone nel locale lo riconobbero subito e lui in preda al panico fuggì. Decise di rubare un'auto nel quartiere ispanico, pensando che in quel quartiere, camuffandosi per bene, sarebbe stato facile muoversi, ma si sbagliava. Aveva puntato una Mustang rossa, parcheggiata sul vialetto d’ingresso di una abitazione, con la portiera aperta e le chiavi inserite nel quadro di accensione. Non si era accorto che sotto la vettura c’era il proprietario, Faustino Pinon, 56 anni, intento ad aggiustare il mezzo che aveva qualche noia alla trasmissione. Sentendo il motore avviarsi, l’uomo si tirò fuori da sotto l’automobile, si alzò e afferrò per il collo Ramirez. L’auto coprì una breve distanza, ma Pinon non mollò la presa, per nulla intimorito dal fatto che Ramirez avesse una pistola. La Mustang urtò un garage e Ramirez approfittò dell'urto per abbandonare il mezzo e scappare, fermando al volo un’altra auto che stava sopraggiungendo. Minacciò di morte la conducente, Angelina De La Torre, che terrorizzata gridò per cercare aiuto. Suo marito Manuel, udendo le urla del marito, uscì di casa brandendo una barra di metallo e si diresse verso l'aggressore. Nel frattempo, un altro vicino, Jose Burgoin, chiamò la polizia. I suoi figli,  Jaime di 21 anni e Julio di 17 anni, sentendo le urla corsero in strada e riconobbero Ramirez nel serial killer che stava terrorizzando Los Angeles. Ci fu un inseguimento. Manuel riuscì a colpire Ramirez una prima volta, poi lo atterrò definitivamente lanciandogli contro la barra. Gli altri tre gli furono subito addosso e lo trattennero fino all'arrivo delle forze dell’ordine, che faticarono a salvarlo dal linciaggio della folla.




La storia processuale del Night Stalker fu molto lunga e complessa. La difesa di Richard Ramirez cercò in tutti i modi di allungare i tempi del processo, presentando un’istanza per respingere il giudice Michael Tynan e tentando di infondere dei dubbi sulla credibilità dei testimoni chiave dell’accusa. Il Los Angeles Time riportò la notizia che Ramirez aveva intenzione di uccidere il Pubblico Ministero con un’arma nascosta nell'aula del tribunale, con la conseguente installazione di un metal detector all'entrata e la perquisizione di tutti quelli che accedevano al suo interno, legali compresi. Non fu trovato nulla e Ramirez pareva sorpreso e divertito da quelle misure di sicurezza. Venne sostituito un componente della giuria, mentre un’altra giurata fu trovata morta con un colpo di pistola nel suo appartamento. Immediatamente i giornali si sbizzarrirono in congetture fantasiose, come  Ramirez che avrebbe pianificato l’omicidio dal carcere o che aveva un complice all'esterno, ma il giudice Tynan dimostrò che l’omicidio non aveva niente a che fare con il processo. In tutto questo Ramirez, con la sua risata beffarda, con i suoi insulti, con i suoi brevi e satanici comunicati, con gli occhiali da sole che non si levava neppure quando era chiamato in causa, con le ammiratrici che tifavano per lui presso il tribunale, ricordando agli americani le scene che ci furono durante il processo per Charles Manson, era diventato una specie di star. 
Il 20 settembre 1989 Richard Ramirez fu giudicato colpevole di 13 omicidi (ma le sue vittime furono almeno 14) e di 30 altri svariati capi d’accusa, che andavano dallo stupro al tentato omicidio, dal furto, alla sodomia. Prima di lasciare la sua cella, Ramirez mostrò ancora il pentacolo sul palmo della mano sinistra, stese due dita come corna e disse solo: "Evil". Il 3 ottobre 1989, dopo quattro giorni di consulta, la giuria fece sapere che aveva votato per la condanna a morte. Il commento di Ramirez, rivolgendosi ai giornalisti, fu: "Ci vediamo a Disneyland." Il 9 novembre 1989, quando il giudice Michael Tynan ufficializzò le 19 condanne a morte, Ramirez rilasciò la seguente dichiarazione: "Voi non mi capite e non mi aspetto che lo facciate. Non ne siete in grado. Io sono oltre la vostra esperienza, io sono oltre il bene e il male. Legioni della notte, stirpe della notte, non ripetete gli errori del predatore della notte e non mostrate pietà. Io sarò vendicato. Lucifero dimora in tutti noi." Nell’ottobre del 1996 Richard Ramirez si sposò con la giornalista freelance Doreen Lioy, 41 anni, laureata in Inglese e con un quoziente intellettivo di 152, con una semplice cerimonia nel parlatorio della prigione di San Quintino. La famiglia di lei la rinnegò subito dopo. Nel maggio del 2004 fu data notizia che Richard Ramirez sarebbe stato giustiziato mediante camera a gas in California. Ramirez attese anni per l’esecuzione nel braccio della morte a San Quintino e nel frattempo molte persone gli scrissero. Lui rilasciava interviste, aveva molti ammiratori, soprattutto ragazze, innamorate pazze di lui. Stralci di lettere e suoi autografi furono successivamente venduti su Internet raggiungendo anche cifre notevoli. Nel 2009 tracce di dna di Ramirez sono state legate alla morte di una bambina di nove anni di nome Mei Leung, avvenuta il 10 aprile del 1984. Il corpo fu ritrovato nella cantina di un hotel nel quartiere di Tenderloin, a San Francisco, dove Ramirez ai visse per un determinato periodo. Probabilmente, questo fu il suo primo omicidio. 
Richard Ramirez si spense all'età di 53 anni il 7 giugno del 2013 per insufficienza epatica, mentre era detenuto nel Carcere di San Quintino, in attesa di essere giustiziato.
Nella serie tv American Horror Story creata da Ryan Murphy e Brad Falchuk compare anche il personaggio di Richard Ramirez, precisamente nella quinta stagione, interpretato da Anthony Ruivivar, che visita l'hotel infestato che dà il nome alla stagione (American Horror Story:Hotel). L'hotel della serie si chiama "Hotel Cortez", nome fittizio, perchè l'idea dell'hotel infestato è ispirato all'Hotel Cecil di Los Angeles, luogo di morti, sparizioni e misteri.


 Anthony Ruivivar nei panni di Ramirez


Il personaggio di Ramirez appare di nuovo nella seria, ma stavolta nella nona stagione, intitolata 1984,  da giovane. A  interpretarlo stavolta è Zach Villa.


Zach Villa nei panni di Ramirez


Nel 2021 su Netflix è uscito il documentario di quattro puntate sui crimini compiuti da Ramirez; il titolo della serie è Night Stalker: caccia a un serial killer.




31 ottobre 2021

Clemente Alvarez: l'ospedale infestato









A Rosario, una piccola città della provincia di Santa Fe, in Argentina, sorge il Clemente Alvarez, un ospedale definito, da diversi ricercatori del paranormale, infestato da entità spiritiche. L'Hospital de Emergencias Clemente Alvarez nonostante la sinistra fama che lo accompagna e che spesso precede il suo nome, è tutt'ora operativo, e molti medici ed infermieri che lavorano lì, ma anche i pazienti e i loro familiari, hanno raccontato di aver assistito durante la loro permanenza nella struttura a svariati fenomeni paranormali all'apparenza inspiegabili razionalmente. 
Si vocifera, ad esempio, di entità nei corridoi, nei sotterranei e nelle camere di degenza dei vari reparti; spesso i magazzini delle scorte ospedaliere vengono ritrovati sotto sopra, come se qualcuno avesse rovistato in cerca di qualcosa o si fosse divertito, anche solo per dispetto, a creare un po' di scompiglio, anche se questi magazzini sono sempre chiusi a chiave e le chiavi le possieda solo un ristretto numero di addetti ai lavori. 
Spesso il personale infermieristico riporta di ombre che "camminano" lungo le pareti dei corridoi, i pazienti parlano di sussurri incessanti e in parecchi spesso e volentieri assistono a fenomeni strani, quali "nebbioline" vaganti e ascensori che nel cuore della notte si attivano da soli, anche quelli che per essere attivati hanno bisogno di una chiave speciale. 
Tra le varie leggende e i vari racconti nati in seguito a questi avvistamenti, è particolarmente inquietante la storia di due bambini che si rincorrono al piano terra e che appaiono all'alba nei pressi dell'ingresso e della relativa hall. 
Ci sarebbe (il condizionale in questi casi è d'obbligo) anche il fantasma di un infermiere che negli anni '70 si suicidò per una delusione d'amore e che da allora si aggira tra i reparti e tra le stanze dell'ospedale, come se lavorasse ancora lì e non avesse mia compiuto quell'insano gesto.
Altrettanto angosciante è la storia di un'anziana donna, morta negli anni '90, che fu dichiarata morta per ben quattro volte prima che fosse giunto veramente il suo momento, risvegliandosi per due volte in obitorio e altre due volte dopo che le era stato steso il lenzuolo bianco sul suo volto.
L' 8 maggio del 2002, due infermieri erano in pausa quando ebbero l'impressione che una delle sedie a rotelle "abbandonate" nel corridoio si muovesse.  Sebbene non fosse la prima volta, uno dei dipendenti prese il suo cellulare e decise di scattare delle foto. In una di queste si nota chiaramente una forma incorporea, dall'aspetto decisamente umano, che se ne sta seduta sulla carrozzina. Che la foto sia vera o meno o che sia stata in qualche modo ritoccata non è dato saperlo, ciò non toglie che l'immagine è da brividi lungo la schiena, anche se l'infermiere autore dello scatto, sostiene di non aver effettuato alcun tipo di ritocco.

Al centro dell'immagine, la figura incorporea seduta sulla sedia a rotelle.



Un ospedale abbandonato, infestato dai fantasmi, già spaventa di suo, ma un ospedale ancora in attività che registra tali fenomeni è ancora più spaventoso, dando la convinzione che al Clemente Alvarez si aggirino le anime delle persone che non riescono a trovare la strada verso la luce e che non si rassegnano all'idea di essere morti.