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Voodoo

  Il termine voodoo (o vudù) significa spirito o divinità, da alcuni tradotto anche come "segno del profondo", e ad oggi il termin...

17 settembre 2024

Il caso dei fratelli Menendez.








Lyle ed Erik Menéndez, i figli del ricco dirigente dell'intrattenimento di Beverly Hills José Menéndez, scioccarono la nazione nel 1989 quando uccisero brutalmente i genitori nella loro casa. La loro storia divenne un caso mediatico e catturò l'attenzione del pubblico come poche altre volte nella storia del crimine. 
Dietro il brutale omicidio, infatti, si nascondeva una storia di abusi subiti fin dalla giovanissima età e ne conseguì una complessa battaglia legale che avrebbe messo a dura prova le regole e i meccanismi dell'intero sistema giudiziario americano.

I fratelli, cresciuti in un mondo pieno di privilegi e di ricchezza, erano vittime di un padre severo, violento e irrispettoso, che non solo non si tratteneva dal punirli e minacciarli alla minima occasione, ma lo faceva persino in presenza di ospiti ed estranei.
L'atteggiamento aggressivo del padre, però, non si limitava alle semplici punizioni corporali. L'uomo  dedicava attenzioni fin troppo particolari ai suoi figli, cominciando dal più grande, Lyle, costringendolo a toccarsi a vicenda e a farsi masturbare, penetrandolo con oggetti vari. Quando Lyle, stanco dei continui abusi, manifestò al padre la volontà di non voler più ricevere tali "attenzioni", questi gli promise che non lo avrebbe più fatto, spostando di conseguenza il tiro sul figlio più piccolo, Erik, facendone il suo oggetto sessuale. 
Se già il fatto di un padre che abusa dei propri figli è qualcosa di mostruoso, orribile e contronatura, a rendere il tutto più amaro ci pensava la madre, che era ben consapevole di quanto stesse accadendo in casa ma, succube anche lei del marito, faceva finta di nulla, rifugiandosi nell'alcool e negli antidepressivi. 
Questa situazione, sostenevano, era culminata in un atto disperato di autoconservazione, spingendoli a uccidere i loro genitori in un impeto di rabbia, paura e disperazione.

La sera del 20 agosto 1989, Erik e Lyle Menéndez entrarono nella loro casa di Beverly Hills armati di fucile. Spararono per sei volte al padre, una delle quali, quella sulla nuca, gli fu fatale. Alla madre invece spararono per ben dieci volte, l'ultima delle quali al viso. Accertatisi che entrambi fossero morti, chiamarono la polizia e raccontarono di aver trovato i genitori privi di vita al rientro dal cinema.

Nessuno li avrebbe mai collegati all'omicidio, se non che a insospettire gli investigatori fu lo stile di vita esagerato che i due fratelli, fin da qualche giorno dopo la morte dei genitori, avevano iniziato a sfoggiare, sperperando l'eredità che si erano ritrovati a dividersi da un giorno all'altro.

Come se non bastasse Erik, in cura dal dottor Jerome Oziel, uno psicologo, confessò il terribile crimine commesso in coppia con Lyle, quasi senza rendersene conto, forse per togliersi quel peso che stava diventando, con il passare del tempo, un macigno troppo pesante da sopportare. Questi a sua volta si confidò con la sua amante, Judalon Smyth, che disse tutto alla polizia dopo aver litigato per colpa del fatto che Oziel non voleva lasciare la moglie.

In fase processuale, la squadra di difesa dei fratelli, guidata dal formidabile avvocato Leslie Abramson, dipinse un quadro vivido dei loro tormenti infantili, sostenendo che le azioni dei fratelli non erano state il risultato di calcoli a sangue freddo ma di un disperato tentativo, per l'appunto, di sfuggire agli implacabili abusi inflitti dal padre. Presentavano prove di cicatrici fisiche, traumi emotivi e una storia di trattamenti psichiatrici, tutti presumibilmente derivanti dal comportamento crudele di José.

Tuttavia, l’accusa ribatté con una narrazione diversa, quella dell’avidità e dell’avarizia. Dipinsero i fratelli come giovani viziati e autoindulgenti che, spinti dal desiderio per l'enorme fortuna dei genitori, avevano meticolosamente pianificato gli omicidi. Addussero a difficoltà finanziarie, abitudini di spesa stravaganti e una storia di conflitti con i genitori come prova di un motivo che andava oltre l’autodifesa.

Il processo divenne uno spettacolo, attirando un circo mediatico e calamitando l'attenzione pubblica verso la scoperta di una verità che, strano ma vero, poteva avere una doppia valenza ed essere interpretata su più fronti. Ogni aspetto del caso fu sezionato e analizzato, dal comportamento e dalle personalità dei fratelli ai raccapriccianti dettagli della scena del crimine. L’aula del tribunale divenne un palcoscenico per la messa in onda di segreti familiari profondamente radicati, smascherando le dinamiche tossiche che avevano infestato la famiglia Menéndez.

Alla fine, la giuria si schierò dalla parte dell'accusa, ritenendo i fratelli colpevoli di omicidio di primo grado. Lyle ed Erik furono entrambi condannati all'ergastolo senza possibilità di libertà condizionale e incarcerati in strutture separate e lontano dagli altri detenuti. Questo fino al 2018, quando furono entrambi spostati alla Richard J. Donovan Correctional Facility, lasciandoli comunque in unità separate. Il verdetto fu accolto sia con indignazione che con sollievo, lasciando il pubblico diviso sulla validità delle accuse di abuso e sulle motivazioni dei fratelli.

Nel corso degli anni, il caso dei fratelli Menéndez ha continuato ad affascinare e a provocare dibattiti. La loro storia è stata oggetto di numerosi libri, film e programmi televisivi, ognuno dei quali offre la propria prospettiva sugli eventi e le motivazioni dietro gli omicidi. La loro eredità serve a ricordare la complessità del comportamento umano, il potenziale distruttivo dell’abuso e il potere duraturo della narrazione di affascinare e sfidare la nostra comprensione del mondo che ci circonda.

Dal 19 settembre, su Netflix, è uscita la serie composta da nove episodi Monsters - La storia di Lyle ed Erik Menéndez, che è a tutti gli effetti la seconda stagione di una antologia iniziata con Dahmer - Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer.


11 luglio 2024

Addio a Shelley Duvall: Ricordo della stella di Shining e di Hollywood

 





Oggi è venuta a mancare l'attrice Shelley Duvall all'età di 75 anni, morta nel sonno in seguito a complicazioni dovute al diabete, di cui soffriva da tempo.

Nonostante la sua immagine non fosse legata esclusivamente al mondo dell'horror, non potevamo non omaggiarla ricordando la sua splendida interpretazione in Shining, il film di Stanley Kubrick tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King.

La sua partecipazione come coprotagonista in Shining, in cui interpretava Wendy, la moglie di Jack Torrance (interpretato da un altrettanto magistrale Jack Nicholson) merita una menzione particolare, poiché le riprese furono per lei stressanti ogni oltre immaginazione, ritrovandosi vessata e ricoperta di insulti da Kubrick, che voleva a tutti i costi far emergere quel lato fragile tratteggiato dal personaggio e finendo inevitabilmente per incrinare la fragilità della donna e attrice, che anche a distanza di parecchi anni ricordava quei momenti come un incubo a occhi aperti. 




Sebbene la performance finale fu strepitosa e, a oggi, irripetibile, è innegabile che si debba allo stesso Kubrick il merito di tale successo, capace di trasformare il personaggio letterario di Wendy, una cheerleader bionda ed esuberante, in una donna schiava del marito violento e opprimente.

Quando attrice e personaggio si fondono insieme in un'unica persona e rimangono indelebili nell'immaginario collettivo, ecco che assistiamo a qualcosa di unico, a una prova attoriale che ben pochi possono vantare nella loro carriera. Shelley Duvall è riuscita a fare anche questo, a passare dalla Olivia di Braccio di Ferro (dimenticabilissima trasposizione cinematografica del forzuto marinaio interpretato dal compianto Robin Williams) alla Wendy di Shining, percorrendo una carriera mai interrottasi veramente, seppur riducendosi a sporadiche comparsate, l'ultima delle quali in The Forest Hills, del 2023, a causa delle sue precarie condizioni di salute.

A dare la notizia della scomparsa della donna è stato Dan Gilroy, l'uomo con cui stava insieme dal 1989, con le seguenti parole:

"La mia cara e dolce compagna di vita e amica ci ha lasciati, Dopo tante sofferenze, ora è libera. Vola via, bellissima Shelley".


06 luglio 2024

La Vera Storia della Famiglia Perron: Il Caso dell'Infestazione di Harrisville





Il caso della famiglia Perron ha dato inizio alla famosissima saga "T'he Conjuring", con il primo capitolo uscito nelle sale italiane nell' agosto 2013, ed è uno dei casi più conosciuti dagli amanti del paranormale. 

Nel dicembre 1970 Roger e Carolyn Perron acquistarono un casale ad Harrisville, Rhode Island, allettati dal fatto che avesse ben 14 camere (loro avevano 5 figlie, quindi lo spazio era quantomeno necessario). Il casale era molto grande, ma essendo vecchio e secolare ebbe bisogno di una ristrutturazione che comportò un elevato esborso di denaro ai Perron. 

Nel gennaio del 1971, a lavori ultimati, i Perron si trasferirono nella loro nuova abitazione e praticamente da subito cominciarono ad accadere delle "stranezze". 


Il casale di Harrisville


Il primo evento accadde quando la famiglia arrivò nella nuova casa: tre delle cinque figlie notarono un'ombra dalle sembianze umane che li fissava da un angolo buio del corridoio al piano superiore. Lo dissero ai genitori, ma questi non fecero caso alle loro parole, credendo si trattasse di uno scherzo. 

La figlia più piccola, April, fece amicizia con uno spirito chiamato Manny, che divenne a tutti gli effetti il suo amico immaginario. Con il passare dei giorni anche Carolyn cominciò a notare delle stranezze, come la scopa che utilizzava per spazzare i pavimenti che, nonostante la riponesse sempre nello stesso punto, trovava di volta in volta in posti diversi della casa. Un giorno, mentre stava preparando il bollitore per il tè, avvertì qualcosa o qualcuno che la guardava, anche se in quel momento fosse da sola in casa. Un'altra volta invece trovò delle pile elettriche al centro del pavimento in cucina, subito dopo aver lavato i pavimenti. Erano tutti piccoli avvenimenti ai quali non dava nessuna importanza, ma che si intensificavano giorno dopo giorno.

Le figlie, in particolare, avvertivano la presenza di entità che le spiavano, che le seguivano tra le stanze e i corridoi, e avevano la netta sensazione che sebbene alcune di queste entità fossero innocue, altre erano invece potenzialmente pericolose e malvagie.

I Perron allora cominciarono a fare domande, a documentarsi  sul passato del casale, scoprendo che fin da quando fu costruito otto generazioni di famiglie che avevano vissuto in quella casa avevano fatto una fine orrenda.


Ecco la foto di Bathsheba


Uno dei casi più eclatanti tra i precedenti residenti del casale fu quello di Bathsheba Sherman, che all'età di 93 anni si suicidò nel fienile dopo una vita triste e molto dura. Questa donna aveva perso tutti i suoi figli prima che potessero raggiungere l'età di 4 anni, alcuni morti annegati in un torrente vicino, altri uccisi o impiccati. Questi tragici eventi le segnarono indelebilmente la psiche, facendola diventare rancorosa e invidiosa dei suoi vicini di casa, come se la loro felicità e la loro serenità fossero per lei motivo di sofferenza fisica. 

Quando era ancora una giovane donna le fu dato in affido un bambino, che morì anch'egli in circostanze troppo fumose, al punto che cominciarono ad additarla come una strega.

L'autopsia sul corpo del bambino rivelò che lo stesso era morto in seguito alle convulsioni causate da un lungo ago infilzato nel cranio, fin dentro al cervello. L'accusa di stregoneria fu solo la prima accusa per Bathsheba: per la morte del bambino infatti fu accusata di omicidio colposo, accusa che venne archiviata per mancanza di prove sostanziali. 

Prima di impiccarsi nel fienile, Bathsheba scrisse una lettera in cui lanciava una sorta di maledizione contro tutto e tutti: poiché nella sua vita si era sempre dovuta sudare i suoi averi, chiunque ne fosse entrato in possesso, a partire dalla stessa casa, avrebbe sofferto di terribili sciagure. Quando il medico legale si occupò della sua autopsia, affermò di non avere mai visto niente di simile: sembrava che il corpo appeso alla fune si fosse mummificato, come se la sua morte non fosse avvenuta di recente, ma decine di anni prima. 

Tra gli spiriti che infestavano l'abitazione di Harrisville, infatti, quello di Bathsheba non solo era quello più malvagio, ma anche il più oppressivo di tutti, dato che si sentiva ancora come la padrona della casa non tollerava la presenza dei Perron, soprattutto quello di Carolyn. Lo spirito di Bathsheba vedeva infatti in Roger Perron uno dei suoi amanti e le bambine come le sue figlie, rendendo Carolyn, a conti fatti, un elemento estraneo per la "famiglia" che non aveva mai avuto in vita. 

Questo rese Carolyn Perron la vittima più frequente dei sui attacchi, spaventandola con fruscii, incubi notturni, facendola sentire costantemente di essere osservata e facendole avere apparizioni mostruose, principalmente quando si trovava da sola. Una sera, mentre si trovava sul divano, avvertì un forte dolore al polpaccio e un brivido gelido attraversarle il corpo. quando si controllò la gamba, vide che sul polpaccio vi era una ferita circolare, come se qualcuno l'avesse morsa con forza.

I coniugi Warren, demonologi e ricercatori del paranormale molto conosciuti e stimati in quel periodo, interessatisi al caso dei Perron, giunsero proprio a questa conclusione: lo spirito di Bathsheba aveva scelto Carolyn come suo bersaglio principale, nutrendo nei suoi confronti una rabbia molto forte.


Ed e Lorraine Warren


Una delle prime cose che fece Lorraine Warren fu condurre una seduta spiritica per contattare le entità presenti in casa e, in quella occasione, Carolyn Perron fu posseduta da uno spirito che parlò attraverso di lei in una lingua sconosciuta e facendola lievitare in aria dalla sedia su cui era seduta. Qualcosa in quella seduta spiritica non andò come previsto, la donna rimase segnata da quella possessione, al punto che suo marito Roger si vide costretto a cacciare di casa i Warren, preoccupato per la stabilità mentale della moglie. 

Successivamente, però, i Warren ritornarono perché erano preoccupati per la situazione che stava vivendo la famiglia Perron. Purtroppo questo comportò solo un peggioramento della situazione e anche con tutta la loro esperienza non riuscivano a liberare la famiglia da questa inquietante presenza. 

Alla fine, i Warren dichiararono che nei loro 50 anni di indagini paranormali, questo era il peggiore e il più significativo caso avessero mai incontrato. 

La famiglia continuò a vivere in quella casa per i successivi dieci anni a causa della loro instabilità finanziaria, fino al 1980, anno in cui andarono via. Da quel momento non furono più tormentati dagli spiriti. 



Andrea Perron

La figlia maggiore, Andrea, aspettò 30 anni per rendere pubbliche le vicissitudini che hanno reso la sua famiglia protagonista. Scrisse un libro dal titolo "House of Darkness/House of light", una memoria collettiva dei ricordi di famiglia di quel terribile periodo.

Questa storia ha ispirato il film "L' evocazione - The Conjuring", diretto da James Wan, che racconta la storia di Harrisville dal punto di vista di Ed e Lorraine Warren, utilizzando i loro file personali. Andrea ha dichiarato che il film, anche se ha trasposto i fatti in maniera cinematografica per ovvi motivi registici, ha un contenuto abbastanza preciso della ossessionante storia del Casale di Harrisville.




Il casale è attualmente abitato da una famiglia che sostiene ci siano tutt'ora presenze al suo interno, ma nulla a che vedere con quelle che turbarono la vita familiare dei Perron.

29 giugno 2024

Albert Fish: La vera storia del Vampiro di Brooklyn - Crimini, Psiche e Misteri








Albert Fish, noto come Hamilton Howard Fish, è nato il 19 maggio 1870 a Washington D.C., da Randall Fish e sua moglie Ellen, una famiglia fortemente disagiata. Soprannominato come il Vampiro di Brooklyn, l'Uomo grigio, il Lupo mannaro di Wisteria e il Maniaco della Luna, Albert si vantava di aver molestato più di 400 bambini e di averne uccisi più di 100, quasi tutti afroamericani, poiché la loro carnagione, una volta appresa la loro scomparsa dai media, avrebbe scandalizzato meno l'opinione pubblica. 

Nella sua famiglia c'erano molti parenti che avevano delle problematiche di salute: uno zio paterno soffriva di psicosi e morì in ospedale, un fratello fece la stessa fine, il fratello più giovane soffriva di idrocefalia e morì in poco tempo, un altro fratello era affetto da alcolismo cronico, una sorella aveva una malattia mentale. La madre soffriva costantemente di allucinazioni, mentre una zia paterna era completamente pazza. Albert crebbe di conseguenza in un ambiente decisamente malsano, portandolo a a estraniarsi con la mente e conducendolo all'ossessione per il peccato e per l'espiazione mediante il dolore. 

La sua infanzia fu molto dolorosa; dopo la morte del padre, Albert finì in orfanotrofio, dove restò per anni in attesa che qualcuno lo adottasse. Durante la sua permanenza nella struttura,  venne ripetutamente frustrato e bastonato, facendogli scoprire il piacere derivante dal dolore fisico. Le punizioni fisiche che riceveva, addirittura, spesso gli procuravano un piacere così forte da avere l'erezione e raggiungere l'orgasmo. 

Una volta uscito dall'orfanotrofio, iniziò a mantenersi facendo dei lavoretti saltuari. Nel 1898 sposò una ragazza di diciannove anni, dalla quale ebbe ben sei figli. Prima ancora del matrimonio, intorno ai dodici anni, Albert iniziò una relazione omossessuale con un ragazzo che faceva il telegrafista. 

Sempre in gioventù iniziò a praticare la coprofagia (l'ingestione di feci e urine), frequentando anche i bagni pubblici per poter spiare i ragazzi che si svestivano per espletare le loro funzioni fisiologiche. Nel 1890 Albert decise di spostarsi a New York, intraprendendo la "professione" del gigolò. In questo periodo, confessò in seguito, violentò svariati ragazzi. 

Nel 1917, dopo diciannove anni di matrimonio, la moglie si innamorò di un ragazzo più giovane, uno studente, lasciando Albert da solo con i suoi sei figli: Albert, Anna, Geltrude, Eugene, John e Herry.


Foto della famiglia Fish


Nel 1903 Albert fu arrestato per appropriazione indebita e scontò una pena nel carcere di Sing Sing, dove ebbe diverse relazioni con altri carcerati. Si presume che il suo primo omicidio sia avvenuto nel 1910 ai danni di un uomo di nome Thomas Bedden, ma la sua brutalità nei confronti dei bambini esplose probabilmente subito dopo l'abbandono della moglie. 

Il 25 maggio del 1928, il giovane Edward Budd, trovandosi in serie difficoltà economiche, decise di inserire un annuncio sul giornale domenicale del New York World, alla ricerca di un lavoro per aiutare la famiglia. Qualche giorno dopo l'uscita dell'annuncio sul giornale, un uomo anziano con capelli e baffi lunghi e grigi, busso alla porta di casa dell'uomo e si presentò alla madre del ragazzo, Delia, con il nome di Frank Howard. Giorni dopo, Frank Howard giunse a casa Budd portando come regalo un bel cesto di fragole e del formaggio. La signora Budd lo convinse a rimanere per pranzo, così avrebbe conosciuto anche il marito, Albert Budd, Frank accettò volentieri l'invito e fece subito un'ottima impressione a tutta la famiglia per i suoi modi garbati e gentili, per il suo modo di porsi e per il suo portamento bene educato. 

Poco prima del pranzo, entrò nella sala da pranzo la figlia della signora Budd, Grace, che all'epoca aveva 10 anni. Frank si fece sfuggire qualche complimento e per non dare sospetti regalò alla bambina 50 centesimi per comprare delle caramelle.


Grace Budd


Frank (che ricordiamo essere in realtà Albert Fish) finse di dover partecipare a una festa di compleanno di suo nipote e convinse la famiglia Budd a portare con sé la piccola Grace, promettendo loro che si sarebbe preso cura di lei e che l'avrebbe riportata a casa intorno alle 21:00. Da quel giorno non ebbero più notizie di loro figlia. Non fu nessuna traccia dell'esistenza di questo Frank Howard, come se non fosse mai esistito e infatti era proprio così.

Sette anni più tardi dalla scomparsa della piccola Grace fu rinvenuta, nel novembre 1934, una busta con all'interno una lettera anonima indirizzata alla famiglia Budd, che indusse la polizia a sospettare di Albert Fish. La lettera recitava pressapoco così:

"Cara signora Budd, 
Nel 1984 io e un mio amico decidemmo di andare in Cina e salpammo da San Francisco diretti a Hong Kong. A quel tempo esisteva molta carestia in Cina, c'era la fame e la povertà dilagava. Per mangiare qualsiasi cosa il prezzo variava da 1 a 3 dollari. La gente voleva vendere i propri bambini sotto i 12 anni per comprarsi un po' di cibo. Un ragazzo o una ragazza sotto i 14 anni non erano sicuri in strada. Tu potevi andare in un negozio a chiedere della carne, e specificatamente ti tagliavano la parte di un corpo di un bambino o di una bambina che desideravi. Le parti del corpo più gustose erano persino maggiorate di prezzo. Il mio amico John stette così a lungo che ci prese gusto nel mangiare carne umana. Quando tornò a New York rapì due ragazzi, uno di 7 e l'altro di 11 anni. Li portò nella sua abitazione, spogliò i loro corpi e li rinchiuse in un ripostiglio. In seguito bruciò tutto. Spesso li torturava giorno e notte, così che la loro carne diventasse buona e tenera. Dapprima uccise il bambino di 11 anni, perché aveva il sedere più grosso e sicuramente c'era molto da mangiare. Ogni parte del suo corpo fu cucinata e mangiata eccetto la testa, le ossa e gli intestini. Fu arrostito, bollito, cotto alla griglia, fritto e cotto a stufato. Il più piccolo fece la stessa fine. Lui mi disse così spesso quanto era buona la carne umana che decisi di provarla. La domenica del 3 giugno 1928, vi portai del formaggio fresco e delle fragole. Pranzammo. Grace si sedette sul mio grembo e mi baciò. Decisi che l'avrei mangiata. Con la scusa di portarla ad una festa la portai in una casa vuota a Westchester che avevo scelto diverso tempo prima, acquistandola. Quando arrivammo li, le dissi di rimanere fuori. Si mise a raccogliere fuori di campo. Andai al piano di sopra e mi spogliai per non macchiare i vestiti di sangue. Quando tutto fu pronto andai alla finestra e la chiamai. Mi nascosi in un ripostiglio fino a che non fu nella stanza. Quando mi vide tutto nudo cominciò a piangere e provò a correre giù per le scale. L'afferrai e lei minacciò che avrebbe detto tutto alla sua mamma. Per prima cosa la spogliai. Lei scalciava, mordeva e graffiava. La soffocai fino ad ucciderla, poi la tagliai in piccoli pezzi così avrei potuto portare la sua carne a casa. La cucinai e la mangiai. Com'era dolce e tenero il suo piccolo culo, arrostito nel forno. Mi ci vollero nove giorni per mangiarne l'intero corpo. Non l'ho violentata, volevo che morisse vergine."




La signora Budd non sapeva leggere la lettera essendo analfabeta. In verità, dopo il suo arresto, Albert ammise alla procura di aver violentato la piccola Grace, ma essendo un soggetto incline a mentire non si seppe mai se lo avesse fatto per davvero. Fu proprio grazie a questa lettera che Albert Fish fu arrestato e per la precisione fu grazie a un emblema particolare, uno stemma piccolo ed esagonale con delle lettere incise: "N.Y.P.C.B.A." che tradotto significa "New York  Private Chauffeur's Benevolent Association". Un portinaio che lavorava lì disse di aver preso alcuni pacchi e documenti vari e di averli lasciati al suo alloggio al 200 Est 52nd Street. La padrona di casa fu scioccata nel sentire la descrizione di Frank Howard e affermò che l'uomo che stavano descrivendo aveva vissuto lì per ben due mesi e che passava lì regolarmente per ritirare le lettere che suo figlio gli inviava. Dovettero aspettare che arrivasse una lettera e che Fish andasse a ritirarla per poterlo arrestare, cosa che avvenne il 13 dicembre del 1934, per mano del capo investigatore William F. King.





Albert confessò anche l'omicidio di un bambino chiamato Billy Gaffney, sparito l'11 febbraio 1927 mentre stava giocando con il suo amico Billy Beton. Quando interrogarono l'amico, gli chiesero cosa fosse successo al piccolo Billy e il bambino rispose dicendo: "Boogeyman l'ha portato via". 

Un giorno, un autista di linea tranviaria, Joseph Meehan, vedendo la foto di Albert su tutti i giornali locali, lo identificò come l'anziano signore che stava provando a calmare un ragazzino seduto accanto a lui sul tram. La polizia purtroppo non fu in grado di recuperare dal fiume nel quale Albert disse di aver gettato parti del corpo. 

I genitori di Billy erano Elizabeth ed Edward Gaffney. Elizabeth andò a far visita ad Albert nel carcere di Sing Sing per cercare di ottenere più dettagli sulla morte del figlio. Albert confessò l'omicidio dicendo: "Portai Billy vicino alla fossa, lo spogliai e gli legai mani e piedi, poi lo imbavagliai con un lembo di straccio sporco che avevo raccolto nella fossa. Poi bruciai i suoi vestiti e gettai le sue scarpe nella fossa. Intorno alle 02:00 andai a casa e l'indomani intorno alle 14:00 tornai da lui portando con me un gatto a nove code che fabbricai in casa tagliando una mia cintura. Con questo gatto a nove code ci frustai il suo posteriore nudo fino a che il sangue non scorse sulle gambe, poi tagliai le sue orecchie, il naso e infine decisi di incidere la sua bocca da orecchio a orecchio, poi gli cavai gli occhi e fu lì che morì. Decisi di ficcare il coltello nel suo ventre e tenni la mia bocca vicino al suo corpo per bere il suo sangue. Lo feci a pezzi e misi le sue orecchie, il naso, il pene, i testicoli, un pezzo del suo posteriore e alcune fette del suo ventre nella valigia che avevo con me. Infine tagliai il resto a pezzi, misi tutto dentro dei sacchi appesantiti con delle pietre, li legai insieme e li gettai dentro al fiume, guardandoli andare a fondo in poco tempo. 

Tornai a casa con la carne che avevo raccolto nella valigia e mi prepari un bel banchetto;  mi feci uno stufato con le sue orecchie, il naso, pezzi della faccia e della pancia, ci misi delle cipolle, carote, rape, sedano, sale e pepe ed era tutto squisitissimo. Mangiai ogni bocconcino di quella carne in circa 4 giorni, ma la cosa più buona fu il suo piccolo pene, dolce come una nocciolina, mentre i suoi testicoli non riuscii a masticarli e dovetti gettarli nel gabinetto".


Billy Gaffney


Albert confessò anche l'omicidio di un altro bambino di otto anni, Francis X. McDonnell, scomparso il 15 luglio del 1924 mentre stava giocando sul portico di casa sua a Richmond, Staten Island. Il corpo del bambino fu trovato nei boschi. Dalla ricostruzione della scientifica, il ragazzino fu assalito, picchiato e strangolato con le sue stesse bretelle. Parecchi testimoni dissero di aver visto un anziano signore girare in quei boschi quel pomeriggio.


Francis X. McDonnell

Albert Fish soffriva anche di una grave forma di masochismo; raccontò che gli piaceva farsi picchiare violentemente anche dai suoi stessi figli. Era solito conficcarsi degli aghi e degli spilli all'interno del suo scroto e nella zona intorno al suo ano, così in profondità che a volte alcuni di essi non riusciva più a tirarli via. Nel suo corpo, durante una radiografia, furono trovati circa ventinove tra aghi e spilli.


La radiografia Di Albert Fish


Il processo di Albert fu molto breve, perché l'intenzione della difesa era quello di dimostrare che Albert fosse incapace di intendere e di volere, ma nel suo metodo e nelle sue risposte si notavano un'accuratezza nei dettagli e una consapevole intenzione nel voler agire in quel modo sia nei confronti di sé stesso che dei bambini che escluse tale ipotesi.

Anche se la giuria, nonostante tutto, cercò di fargli avere l'infermità mentale, fu ugualmente condannato a morte mediante sedia elettrica, morte che avvenne il 16 gennaio del 1936. 

Albert aiutò persino i suoi carcerieri a stringere le fibbie della sedia ed esclamò che la scossa elettrica era l'unica cosa che non avesse mai provato in vita sua.



Nel 2007 uscì il film documentario su Albert Fish diretto da John Borowski, con Oro Benzina e Joe Coleman. Il titolo del film è: Albert Fish: Nel Peccato trovò la salvezza.


Locandina del film "Albert Fish"



Nel 2007 uscì anche il film The Gray Man, diretto da Scott L. Flynn, con Patrick Bauchau, Jack Conley e John Aylward.


Locandina del film "The Gray Man"






23 giugno 2024

Dennis Rader: il serial killer BTK e la storia di una caccia durata decenni









Dennis Rader, conosciuto anche come il killer BTK, è uno dei serial killer più famigerati nella storia criminale degli Stati Uniti. La sua capacità di nascondersi dietro una facciata di normalità e la sua fredda brutalità hanno scioccato, all'epoca degli eventi, una intera nazione, uccidendo tra il 1974 e il 1991 dieci persone con metodi cruenti.

Primo di quattro figli, nacque il 9 marzo 1945 a Pittsburg, Kansas, ma crebbe a Wichita. Da piccolo sviluppò una morbosa ossessione nel torturare gli animali e per il feticismo. Dopo aver completato gli studi alla Kansas Wesleyan University, passò gli anni dal 1966 al 1970 in giro per il mondo per le forze armate presso la U.S. Air Force. 

Tornato in America, si destreggiò tra diversi lavori: nel reparto carni di un supermercato, come assemblatore in una ditta di attrezzature da campeggio e come Supervisore del Dipartimento di Vigilanza a Park City.
Nel 1971 si sposò con Paula Detz, dalla quale ebbe due figli, un maschio e una femmina.
Per anni è stato membro, e successivamente presidente, della congregazione Luterana della sua Chiesa e  capo scout.

Il primo omicidio a opera di Rader avvenne il 15 gennaio 1974 ai danni di una famiglia di Wichita, la famiglia Otero. Uccise l'intera famiglia, compresi i minori di 11 e 9 anni a eccezione de figlio maggiore, che scoprì i cadaveri al ritorno da scuola. Sul luogo del delitto vennero trovate tracce di violenza, di sevizie e tracce spermatiche riconducibili a una probabile aggressione sessuale. Nel 1978 spedì una lettera a una emittente radiofonica locale in cui, anonimamente, si assumeva la responsabilità dell'omicidio della famiglia Otero e ne descriveva i dettagli. 

L'anno successivo, nel 1979, Anna Williams, 63 anni, sfuggì fortunosamente al killer rientrando tardi dal lavoro, nonostante Rader si fosse appostato per ore nell'intento di ucciderla. Lo stesso Rader, durante la confessione dopo il suo arresto, si dichiarò dispiaciuto per non essere riuscito a compiere il delitto.

Il 27 aprile 1985 il killer BTK - il soprannome BTK deriva dal modus operandi di Rader: Bind (legare), Torture (torturare) e Kill (uccidere) - colpì ancora: uccise una donna di 53 anni, Marine Hedge, la trasportò nella chiesa in cui lui era presidente della congregazione, la posizionò in pose oscene e si masturbò, sbarazzandosi nel corpo in un fossato vicino, che fu scoperto una decina di giorni dopo.

Nel 1988 stranamente Il BTK killer inviò una lettera alla polizia in seguito all'uccisione di tre membri della famiglia Fager; ci teneva a precisare di non essere lui l'artefice del delitto, ma che ne apprezzava il "lavoro" svolto.

Dopo l'omicidio di Dolores E.Davis, nel 1991, la scia di omicidi per mano di BTK si fermò. Quando il caso stava per essere archiviato, ben tredici anni dopo dall'ultimo omicidio a lui attribuito, Rader tornò con una serie di missive sotto lo pseudonimo BTK in cui si proclamava l'artefice di omicidi precedentemente non attribuiti a lui, come quello di Vicki Wegerle, nel 1986, allegando foto delle vittime durante le torture e i loro documenti come prova delle sue affermazioni.

Il 16 fenbbraio 2005 Dennis Rader, preso dalla smania di voler sfidare le forze dell'ordine e i media con le sue dichiarazioni anonime, fece un grosso passo falso: inviò alla polizia un floppy disk contenente una serie di dichiarazioni, convinto di non poter essere tracciato, La polizia invece, incrociando i metadati trovati sul dischetto e confrontandoli con una serie di piste, prima del tutto inesplorate, perquisirono l'abitazione e l'auto di Rader, trovando elementi riconducibili ai crimini commessi e arrestando l'uomo il 25 febbraio 2005 appena in tempo: il killer aveva infatti in mente di tornare a uccidere, avendo già adocchiato la prossima vittima.


Il 28 febbraio dello stesso anno Rader venne incriminato per i dieci omicidi da lui confessati, anche se si sospetta che in realtà fossero molti di più. Il 18 agosto venne condannato a dieci ergastoli senza possibilità di libertà condizionale e trasportato nel penitenziario El Dorado Correctional Facility.

La moglie ottenne subito il divorzio (una eccezione, visto il caso specifico, che avrebbe dovuto prevedere una attesa di 60 giorni per la Curia)  dopo aver scoperto che l'uomo che amava, in realtà, era un feroce serial killer.

Il personaggio di Dennis Rader, alias il killer BTK, è stato negli anni oggetti di libri, saggi, film e serie tv, compresa la serie Mindhunter, su Netflix.